Aule Atemporali, Prima del Tempo – Dagor Dagorath (?)
Ed egli calò su Arda, maggiore, per potenza e maestà, di ogni altro Valar, quale una montagna che avanzi nel mare ergendo il capo sopra le nubi e sia rivestita di ghiaccio e coronata di fumo e fuoco; e la luce degli occhi di Melkor era come una fiamma che si consumi di calore e trafigga con freddo mortale.
J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, “Ainulindalë”
Supremo tra tutti gli Ainur e unico per splendore e regalità era Melkor nella mente di Ilúvatar, quando nel vuoto delle Aule Atemporali, ove ancora non vi erano luce e colore ma solo identità e possanza, Eru creò i Santi, rampolli del suo pensiero, ciascuno spigolatura del suo essere e della sua volontà.
E si dice che a lungo, nelle dimore di là dal Tempo, Melkor si interrogasse sul proprio destino, curioso e attirato dai misteri della Vita e dell’Essere, sempre alla ricerca della Fiamma Imperitura con cui dare sfogo ai pensieri della propria mente, ch’egli notava essere differenti, e più forti, e più ambiziosi, e più alti di quelli degli altri Ainur, e di Manwë che, nella mente dell’Uno, era suo fratello e quello a lui più simile per poteri e immaginazione. E così, col passare del Tempo immobile, i suoi sentimenti divennero ribelli verso il proprio creatore, poiché desiderava creare esseri senzienti che abitassero il Vuoto, ed era insoddisfatto del fatto che Ilúvatar non l’avesse fatto. Tuttavia, Melkor non riuscì a trovare la Fiamma, poiché essa non era nel Vuoto, ma presso Ilúvatar.

E giunse così il giorno in cui Ilúvatar riunì a sé gli Ainur, e propose loro di creare un grande musica. Com’è narrato nell’Ainulindalë, tale era la Volontà di Potenza di Melkor ch’egli più volte intrecciò i suoi pensieri dissonanti nel canto. La sua melodia si scontrò con il Tema di Ilúvatar, disturbando gli Ainur attorno a lui e portandone alcuni ad accordare la propria musica con la sua. Per un certo tempo, il Tema di Ilúvatar e le dissonanze di Melkor si combatterono. Ma Eru sorrise e fece nascere un nuovo tema. Com’era previsto, la maggior parte degli Ainur si unì ad esso. Eppure Melkor si oppose con ancora maggiore violenza. Alla fine, molti Ainur cessarono di cantare, travolto dalla tempestosa sinfonia, e le dissonanze di Melkor prevalsero. Allora Eru fece scaturire un terzo Tema, più dolce e più bello dei precedenti, profondo come l’abisso e alto come il firmamento. E sebbene Melkor non potesse sconfiggerlo, continuò ad opporvisi. Infine, Eru fermò la musica con un ultimo imperioso accordo, e si rivolse a lui.
Allora Eru ammonì Melkor di fronte agli Ainur, affermando che poiché ogni tema trova origine in lui stesso, anche le dissonanze di Melkor non potevano alterare davvero i Temi di Ilúvatar. Così, con il suo intervento, che Egli credeva parto del suo solo ingegno, Melkor non fece altro che contribuire ai disegni di Ilúvatar in modi nuovi e meravigliosi. Melkor provò vergogna e rabbia per questo giudizio, ma nascose i suoi sentimenti. Quando Eru mostrò agli Ainur il risultato della loro musica, ovvero Eä, Melkor fu tra coloro che implorarono di entrarvi, fingendo di volerla coltivare e guidare per la gloria di Ilúvatar. In realtà, desiderava dominare Arda e le sue creature, in particolare i Figli di Ilúvatar, ch’erano parte dell’ultimo tema e concepiti da egli solo, nei quali gli Ainur non avevano avuto ruolo.
Gli fu così concesso di entrare in Eä e di giungere ad Arda insieme agli altri Valar. Una volta lì, Melkor dichiarò ai suoi pari di essere il sovrano di Arda da quel momento in poi. Manwë, suo fratello, incapace di sviluppare pensieri malvagi, non comprese lo scopo del suo comportamento. Tuttavia, temendo che Melkor potesse ostacolare il loro operato su Arda, chiamò a raccolta molti altri Ainur per proteggerli. Melkor si ritirò allora nelle regioni più remote di Eä, lasciando il mondo in pace per un certo tempo.

Ma Melkor assunse una forma più maestosa di qualsiasi altro dei Valar, grande e terribile, ardente della sua malizia, e giunse ad Arda con l’intento di distruggere l’opera dei Valar nella sua preparazione. Scoppiò la guerra, la Prima Guerra contro Melkor, durante la quale montagne furono abbattute, mari furono creati e prosciugati, e grandi dolori furono inflitti ai Valar, costretti a osservare il proprio lavoro costantemente distrutto da Melkor. E poiché Egli continuamente rovinava le loro creazioni e causava vaste distruzioni, uno spirito possente di nome Tulkas giunse ad Arda da lontane regioni di Eä per fronteggiarlo. E si dice che il cielo rimbombó della sua risata quando discese, e che Melkor ne fu sorpreso, e spaventato. Così, dopo che Tulkas lo cacciò via, i Valar riuscirono a completare la formazione di Arda.
Essi si stabilirono in una terra chiamata Almaren, e innalzarono due lampade per illuminare la giovane terra: Illuin e Ormal.
Nel frattempo, Melkor aveva attirato su di sé l’attenzione — e in alcuni casi perfino l’ammirazione — di alcuni Maiar, gli spiriti minori tra gli Ainur. Melkor contava molte spie tra loro, grazie alle quali apprese tutto ciò che i Valar facevano, e attese il momento opportuno. Quando i Valar si riunirono per un banchetto al termine delle loro fatiche, Melkor raccolse coloro che gli erano fedeli e, guardando dall’alto la splendida Arda, nutri di questa visione il proprio feroce odio. Durante quel banchetto, Tulkas sposò Nessa, e lei danzò davanti ai Valar. Tulkas, inebriato, si addormentò. E fu allora che Melkor colpì.
Con il suo seguito varcò i Muri della Notte e fece ritorno ad Arda. In assenza della vigilanza di Tulkas, i Valar non si accorsero del suo arrivo, e Melkor iniziò a scavare nelle profondità della terra, costruendo una fortezza chiamata Utumno a nord, sotto le montagne, nell’oscurità non illuminata da Illuin. La Primavera di Arda fu contaminata mentre il freddo male si diffondeva dalla fortezza. La morte e la malattia colpirono le cose verdi di Arda, gli animali iniziarono a combattere e uccidersi tra loro, e sciami di mosche si moltiplicarono in gran numero. I Valar compresero allora che Melkor era all’opera e cercarono il suo nascondiglio.
Ma fu Melkor ad attaccare per primo. Giunse tra loro con fuoco e guerra, distrusse Almaren e le Due Lampade, e il mondo fu travolto da fiumi di fuoco e acque in piena. La simmetria di Arda fu spezzata. Nell’oscurità e nella confusione Melkor fuggì, tornando a Utumno. Tutti insieme, i Valar erano in grado di eguagliarlo, ma avevano bisogno di dedicare la propria attenzione al tumulto che lo circondava, per impedire che il mondo sprofondasse nella rovina. Così poterono immediatamente inseguirlo, né tantomeno conoscevano esattamente la localizzazione della sua fortezza. Così, la Primavera di Arda si concluse nel disordine. È da questo momento che la corruzione e la decadenza entrarono a fare parte della quotidianità di Arda, divenuta ‘corrotta’ rispetto al disegno primigenio.
Con la distruzione di Almaren, i Valar si spostarono dunque su un nuovo continente oltre il mare, Aman, e vi edificarono Valinor. Lì crearono nuove fonti di luce: i Due Alberi, che illuminavano il mondo. Melkor, nel frattempo, vagava per la Terra di Mezzo sotto varie sembianze, armato di freddo e fuoco. Alcuni dei Valar, tuttavia, non volevano abbandonare la Terra di Mezzo, convinti che proprio là potevano un giorno risvegliarsi i Figli di Ilúvatar. E tra loro vi erano in particolare Ulmo e Yavanna. Anche Oromë continuava a cavalcare per quei territori, uccidendo le creature mostruose di Melkor, il quale cominciava a temere che i Valar potessero insorgere contro di lui con furia.
Melkor meditava nel nord, consolidando la propria presenza, allevando mostri generato dalla corruzione delle creature di Arda, circondato dai suoi servitori. Tra di essi vi erano molti Maiar minori che, travolti dalla malizia del proprio Signore, assunsero forme degeneri e demoniache, e la volontà di seguire solo i propri istinti e il comando del Padrone. In seguito sarebbero stati conosciuti come i Balrog, i demoni di Potenza, e grandi furono i dolori che inflissero ai Figli di Ilúvatar per le successive Ere del Mondo.
Creò anche un’altra fortezza e un’armeria chiamata Angband, situata nel nord-ovest della Terra di Mezzo, per difendersi da eventuali attacchi dei Valar. E vi pose a capo il suo più potente servitore, Sauron. I Valar si mossero con forza, ma furono sconfitti, perché ormai il potere di Melkor era molto cresciuto, ed essi erano impreparati alla sua potenza. Così, dopo la vittoria, Melkor scavò altre grandi fortezze e abissi, dove radunò le sue orde e i suoi eserciti malvagi, ormai sicuro del proprio dominio sul mondo. Durante le sue peregrinazioni nei territori che ormai controllava, venne a conoscenza del risveglio degli Elfi, i primi Figli di Ilúvatar. E con oscure arti, mostri e demoni che si muovevano nelle ombre, instillò in loro paura, uccidendone o catturando molti. E alcuni di quelli che fece prigionieri, si ritiene, vennero trasformati in Orchi mediante torture e deformazioni.
Tuttavia, i Valar non tardarono a scoprire l’esistenza degli Elfi. Temendo che potessero essere distrutti o corrotti da Melkor, Manwë comprese nel proprio cuore che Ilúvatar desiderava che i Valar ristabilisserp il proprio potere sulla Terra di Mezzo ad ogni costo. Amareggiati per la precedente sconfitta, stavolta si presentarono armati di tutta la propria potenza, sebbene temessero che il mondo ne potesse essere nuovamente sconvolto.
E così infatti avvenne: perché durante la Battaglia delle Potenze, che portò infine alla distruzione di Utumno dopo un grande conflitto, il volto della Terra di Mezzo fu nuovamente trasformato. Ma anche le perdite dei Valar furono devastanti.

Melkor fu catturato e incatenato con la catena Angainor, mentre Sauron riuscì a nascondersi in profondi recessi . Melkor fu imprigionato nelle Aule di Mandos, dove rimase per tre ere, tramando vendetta. Dopotutto, ancora provati dall’assedio, i Valar non poterono inseguire e distruggere tutte le forze di Melkor che si erano disperse dalla fortezza ghiacciata; molte creature malvagie e servitori fuggirono, lasciati liberi di covare odio in attesa del ritorno del loro padrone.
Alla fine della sua prigionia, Melkor fu condotto davanti a Manwë. E qui, ingoiando il proprio orgoglio ma colmo di pensieri di vendetta, si prostrò davanti al trono del fratello, chiedendo perdono. Manwë glielo concesse, sebbene Ulmo e Tulkas non si dissero d’accordo con questa decisione. Tuttavia, i Valar non gli permisero di allontanarsi dalla loro vista, e Melkor rimase a Valmar. In breve tempo, iniziò a esercitare la sua influenza corruttrice sugli Elfi, in particolare sui Noldor. E questo perché Vanyar non si fidavano di lui, mentre riteneva i Teleri inadatti per i suoi scopi. Ma i Noldor erano curiosi, desiderosi di apprendere tutto ciò che poteva insegnare.
Col tempo, Melkor trovò il suo più grande avversario — e al tempo stesso il suo strumento più potente — in Fëanor, primogenito di Finwë, Alto Re dei Noldor. Fëanor era il creatore dei Silmaril, gemme che Melkor desiderava ardentemente. Mentre Melkor diffondeva con sottile astuzia bugie e mezze verità sui Valar e sull’Arrivo degli Uomini sotto forma di voci e sussurri, Fëanor ne fu profondamente influenzato, pur odiando Melkor stesso e ignorando che fosse lui la fonte di tali voci. Le idee di vasti territori e regni da governare toccarono il cuore di Fëanor e anche quello di molti altri Noldor, e non ultimo suo fratellastro Fingolfin. E così i Noldor cominciarono a mormorare contro i Valar, e la pace di Valinor fu irrimediabilmente guastata, come Melkor aveva previsto.
Fëanor ben presto agitò gli animi del suo popolo, e mentre veniva processato dai Valar, fu rivelato che Melkor era all’origine dei malumori e dei disordini. Tulkas si mise subito in cammino per affrontarlo, ma Melkor era già fuggito.
Per un certo tempo non si seppe più nulla di lui, finché non apparve a Formenos davanti a Fëanor, tentando di sedurlo con parole amichevoli e con l’offerta di vendetta contro i Valar, da cui Fëanor riteneva essere stato offeso. Fëanor esitò, ma Melkor, tradendo il proprio orgoglio, fece una mossa troppo audace.
Accennò ai Silmaril, e Fëanor, percependo il desiderio e i disegni di Melkor su di essi, lo maledisse e lo respinse. Melkor, colmo d’ira, si allontanò dirigendosi verso sud, oltre il monte Hyarmentir, fino alla valle d’ombra di Avathar, dove dimorava Ungoliant, uno spirito oscuro e misterioso in forma di ragno.

Melkor riuscì a convincerla a mettere da parte i suoi timori promettendole grandi ricompense. Egli le infuse parte del proprio potere, ed ella tessé un manto d’ombra che avvolse entrambi, rendendoli una scura ombra nella notte di Avathar.
Poi Melkor e Ungoliant attaccarono durante una grande festa a Valmar. Melkor trafisse i Due Alberi con la sua lancia, e Ungoliant ne bevve la linfa, e prosciugò i Pozzi di Varda, da cui gli Alberi traevano sostentamento. I due fuggirono verso nord, fino a Formenos, lasciandosi dietro tenebre e caos. A Formenos, Melkor uccise Finwë e saccheggiò il tesoro di Fëanor, impadronendosi anche dei Silmaril. Poi attraversò i ghiacci dell’Helcaraxë, rientrando una volta ancora nella Terra di Mezzo. Aveva colpito rapidamente e impedito ai proprio nemici di rispondere al suo attacco. Fëanor lo maledisse, chiamandolo per la prima volta Morgoth, “Nero Nemico del Mondo”, e con quel nome fu conosciuto per sempre dagli Eldar.
Una volta al sicuro, Ungoliant si rivoltò contro il suo compagno, pretendendo le gemme di Fëanor. Il ragno era cresciuto enormemente in dimensioni e potere dopo essersi nutrita degli Alberi e grazie all’energia che Morgoth stesso le aveva conferito, e lui, ora indebolito dai suoi sforzi, ne fu improvvisamente intimorito. Non avendo la forza per affrontarla in quel momento, con riluttanza cedette una a una le splendide gemme, che Ungoliant divorò. Ma si rifiutò di darle i Silmaril, e così lei lo avvolse nelle sue tele, torturandolo e minacciando di cibarsi di lui, se non avesse acconsentito a cedere tutto il proprio bottino. Un grido disperato di Morgoth squarciò le profondità di Angband, e fu udito da Gothmog e dai Balrog, che accorsero in suo aiuto, scacciando Ungoliant con le loro fruste. Morgoth fece ritorno ad Angband, dove forgiò una Corona di Ferro per incastonare i tre Silmaril.
Da quel giorno quella Regione fu chiamata Lammoth, grande Eco, perché finché il Beleriand esistette si racconta fosse possibile udire il lontano rimbombo di quel grido.
Morgoth ricostruì la fortezza e venne a sapere degli Elfi rimasti nella Terra di Mezzo. Elu Thingol e i Sindar abitavano il regno boscoso di Doriath, protetto dalla Cintura intessuta da Melian, mentre Círdan e i Teleri vivevano lungo le Falas e Denethor con i Nandor, dopo una lunga permanenza nell’Eriador, si erano stanziati nell’Ossiriand.
Morgoth mosse guerra a Thingol, circondando il Doriath e isolandolo da Círdan. Tuttavia, Thingol riuscì a mettersi in contatto con Denethor, e i Nandor si unirono ai Sindar per combattere gli Orchi tra l’Aros e il Gelion. Presi tra due eserciti, gli Orchi di Morgoth furono completamente sconfitti nella Prima Battaglia. I superstiti in fuga verso nord furono intercettati e ulteriormente annientati dai Nani scesi dai Monti Azzurri. Gli Orchi che attaccarono Círdan ebbero invece più successo, spingendo i Teleri fino al limite del mare.
Dopo l’arrivo di Fëanor nella Terra di Mezzo, Morgoth cercò di eliminarlo prima che potesse consolidarsi. Tuttavia, grande era la potenza degli Elfi cresciuti in Aman, e ancora splendeva nei loro occhi la luce degli Alberi. Gli Orchi ne furono spaventato e intimoriti, e vennero sconfitti con facilità.
Nel suo orgoglioso furore, Fëanor li inseguì fino alle porte di Angband, ove però da porte segrete e nascondigli giunsero Gothmog e i Balrog. Fëanor fu circondato e ucciso, anche se i Balrog furono respinti, e ancora malediva Morgoth mentre lo trascinavano agonizzante al cospetto dei figli. A seguito di questa battaglia le Falas furono liberate, e l’Oscuro Signore perse il controllo di quasi tutto il Beleriand, contentandosi solo della morte del più odiato tra gli Eldar.
In seguito, Fingolfin giunse nel Beleriand con un grosso seguito, costituito dalla gente della sua Casata, dei suoi figli e di quelli di Finarfin, seppur martoriato dal durissimo attraversamento dell’Helcaraxë. Cercarono di marciare su Angband, ma Morgoth vi rinchiuse con le.proprie forze, dando ai Noldor il tempo di costituire i propri regni in esilio. E in silenzio attendeva il momento propizio per attaccarlo quando ancora non si erano stabiliti nei territori del Beleriand. È quanto avvenne nel 60 della Prima Era, quando, ritenendosi pronto, diede inizio a quella che fu poi tramandata dagli Elfi come Dagor Aglareb (“Battaglia Gloriosa”), ove il suo esercito fu pesantemente sconfitto da Fingolfin e Maedhros figlio di Fëanor.
Grazie a questa vittoria, gli Elfi posero l’Assedio di Angband, cercando di imprigionare Morgoth nella sua fortezza.
In realtà, la sonora sconfitta patita aveva mostrato a Melkor le debolezze e le falle delle proprie armate, impreparate a combattere contro avversari come gli Eldar, e incapaci di emularne le tattiche belliche. Così egli trascorse lungo tempo a meditare sul modo in cui avrebbe potuto volgere la guerra a proprio favore. E due ne concepì che ebbero un effettivo impatto sullo scontro con gli Eldar: la prima furono i Grandi Vermi, e la loro successiva progenie, che entrarono nel conflitto ancora durante l’assedio di Angband, quando Glaurung fu sguinzagliato sulla piana di Ard-Galen prima che giungesse la sua maturità; la seconda fu il tradimento, di cui già era maestro, poiché egli si convinse che gli Eldar andavano sconfitti con la forza, ma gli Uomini potevano essere sedotti a venire meno ai propri giuramenti in molti modi imprevedibili per i suoi avversari.
Diversi secoli passarono, fino a quando, nel 455 della Prima Era, Morgoth ruppe l’assedio con un attacco improvviso: fiumi di fuoco rutilarono sulla pianura verde di Ard-galen, che da allora diventò un grigio deserto e fu chiamata Anfauglith, Polvere Soffocante. Cominciò così la Dagor Bragollach (“Battaglia della Fiamma Improvvisa”), nella quale i suoi eserciti, sfruttando l’incertezza che la fiamma aveva provocato tra i nemici, sfondarono le difese guidati da Glaurung e Gothmog e conquistarono gran parte del Beleriand settentrionale, inclusa la fortezza di Tol Sirion e il Dorthonion. Ma alcune roccaforti come Hithlum e Himring resistettero, e una costante guerriglia caratterizzò da allora le province settentrionali, lungo una linea longitudinale che andava dal Nevrast alla Breccia di Maglor, passando per le propaggini meridionali della Taur-nu-Fuin, la foresta del terrore in cui rapidamente si trasformò il Dorthonion.

Ma Fingolfin, Re Supremo dei Noldor, sconvolto e furioso per la disfatta, intravide in questi eventi la fine degli Eldar e della propria impresa. E così balzò in sella al suo cavallo Rochallor, cavalcando verso Angband in preda a un furore disperato. Il fuoco ardeva nei suoi occhi in modo tale che gli Orchi di Morgoth, lo scambiarono per uno spirito vendicatore, fuggendo alla sua vista. E giunto alle porte della Fortezza, sfidò Morgoth a duello. Nonostante il suo immenso potere, Morgoth temeva la morte più di ogni altro Valar, ed esitava persino davanti a Fingolfin. Ma non poteva rifiutare un duello di fronte alle proprie schiere. Così, quando Fingolfin lo accusò di essere un codardo, Morgoth lo schernì ma non osò ritrarsi dalla sfida.
Si fece avanti, e i suoi passi risuonavano come tuoni sulla terra mentre risaliva le profonde scalinate di Angband. Era avvolto in un’armatura nera, con corona e scudo irti di punte, e impugnava Grond, il Martello degli Inferi. Iniziò così un duello furioso. Con ogni colpo del suo martello, fiamme erompevano dalla terra, ma Fingolfin era più veloce e schivava ogni fendente. L’Elfo inflisse a Morgoth sette ferite, e benché il Signore Oscuro urlasse dal dolore, era troppo potente per essere ucciso. Fingolfin cominciò a stancarsi, e fu abbattuto dallo scudo di Morgoth. Si rialzò tre volte, con la corona e lo scudo spezzati, e tre volte fu gettato a terra, prima di crollare presso una delle voragini lasciate dal martello.
Mentre Morgoth posava il piede sul suo collo per spezzarlo, Fingolfin in un ultimo gesto affondò la sua spada nel piede del Nemico, e il sangue di Morgoth inondò le buche. Infuriato, Morgoth lo schiacciò, ma da quel giorno zoppicò per sempre.
Morgoth voleva mutilare il corpo e darlo in pasto ai suoi lupi, ma non poté profanare il Re caduto: Thorondor, il re delle Aquile, piombò giù, graffiò il volto di Morgoth e fuggì con il corpo di Fingolfin, che depose sui Monti Cerchianti, non lontano dalla valle di Tumladen ove Turgon suo figlio regnava a Gondolin.
Per qualche tempo, dopo quegli eventi, il mondo rimase in uno stato di vigile inquietudine. La parte meridionale del Beleriand, per la maggior parte, fu risparmiata dall’ira diretta di Morgoth.

Fu allora che nella Storia di Arda emersero due figure straordinarie: Beren, della Casa di Bëor, e Lúthien Tinúviel, figlia di Thingol Mantogrigio e Melian la Maia. Insieme a Huan, il Mastino di Valinor, due amanti intrapresero la Cerca del Silmaril, la più grande impresa compiuta dai figli di Ilúvatar, che li portò condusse a scacciare Sauron da Tol-in-Gaurhoth – il nome con cui divenne nota Tol Sirion dopo la sua invasione – e, sotto mentite spoglie, a penetrare ad Angband.
Morgoth fu subito attratto da Lúthien, e tramò malvagi pensieri quando ella si rivelò in sua presenza, ma le concesse di danzare. Fu proprio attraverso la sua danza e il suo canto che Lúthien lo ammaliò e lo fece cadere in un sonno profondo. Così, uno dei Silmaril fu sottratto dalla sua corona, e da quel momento Morgoth ne portò soltanto due, fino alla Guerra d’Ira.
Qualche tempo dopo, nell’anno 471 della Prima Era, Maedhros formò una grande alleanza con i Naugrim, gli Edain e gli altri Noldor. Marciarono per sfidare Morgoth, ripulendo Beleriand dalle sue forze sparse. Ma Morgoth, grazie alle sue spie, previde le loro mosse e comprese che era il momento di mettere a frutto i semi del tradimento che da decenni spargeva tra gli Uomini che, dall’Est, continuavano ad affluire nel Beleriand. Così, quando gli eserciti di Fingon e Maedhros furono pronti, rafforzati dalle truppe di Turgon, il Re Celato, e da drappelli provenienti dal Doriath e perfino dell’Ossiriand, si presentarono sul confine dell’Anfauglith e fecero risuonare le trombe, lanciando la sfida a Morgoth. E si dice che quel giorno davvero Eldar, Nani e Uomini fossero giunti al punto di sconfiggere l’Oscuro Signore, se non fosse stato per il tradimento di alcuni Orientali che, pur avendo giurato fedeltà ai Figli di Fëanor, prima ne ritardarono la partenza e poi li attaccarono alle spalle, mandandoli in rotta.
Privo del supporto del cugino, Fingon il Re Supremo si trovò soverchiato dalle forze dei nemici, e cadde ucciso da Gothmog. Nell’immenso combattimento caddero molti principi e condottieri di Uomini, Elfi e Nani. Per questo la battaglia fu chiamata Nirnaeth Arnoediad, la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime.
La vittoria di Morgoth fu pressoché totale: rase al suolo Hithlum, le Falas, la Marca di Maedhros, e infine, nel 495, anche Nargothrond. Solo Turgon, re di Gondolin, riuscì a fuggire grazie al valoroso sacrificio della Casa di Hador, l’ultima degli Edain rimasta a settentrione, guidata dai figli di Galdor Húrin e Huor. I superstiti si rifugiarono nell’Isola di Balar e alle Foci del Sirion. Solo Gondolin e il Doriath restavano dei gloriosi regni dei signori degli Eldar.

Morgoth aveva catturato Húrin durante la Nirnaeth Arnoediad, e lo pose in catene sulle vette di Thangorodrim, costringendolo a osservare da lontano il destino della sua famiglia, che Morgoth aveva maledetto. Alla morte dei suoi figli, Túrin Turambar e Nienor, Morgoth lo liberò affinché, nel dolore, potesse inconsapevolmente continuare a servire i suoi piani. E così inevitabilmente avvenne, perché fu proprio grazie alle azioni di Húrin che Morgoth si avvide che la città celata di Gondolin doveva trovarsi da qualche parte tra i Monti Cerchianti, e lì concentrò le proprie spie e le proprie truppe che, qualche tempo dopo, catturarono Maeglin. Inoltre, Húrin si recò a Nargothrond, ove uccise Mîm il Nanerottolo e prese la Nauglamír, la collana dei Nani, per consegnarla a Thingol Mantogrigio. E, sebbene tali eventi fossero di là da venire, fu proprio la decisione di incastonare il Silmaril nella Nauglamir che condusse il Re del Doriath alla propria morte.
Nel frattempo, come detto, grazie al tradimento di Maeglin, Morgoth scoprì il segreto rifugio di Gondolin e diede via all’assalto. Nella devastazione che ne seguì, Turgon, l’ultimo erede maschio della Casa di Fingolfin, fu ucciso durante l’assedio. La vittoria di Morgoth nel nord era ormai completa, anche se aveva perso Gothmog, suo capitano e maresciallo degli eserciti, ucciso da Ecthelion della Fonte nelle ultime ore di Gondolin. Tuttavia, un piccolo gruppo di sopravvissuti, tra cui Tuor e Idril, riuscì a fuggire dalla distruzione della città, portando con sé il loro figlio Eärendil e rifugiandosi alle Bocche del Sirion.
E proprio Eärendil si sarebbe rivelato a rovina di Morgoth, poiché alcuni anni dopo, egli salpò verso Valinor per implorare il perdono dei Valar come ambasciatore di Elfi e di Uomini, guidato dalla luce del Silmaril che teneva in fronte. E, giunto a Valinor, parlò al consesso delle Potenze, ottenendo il loro sostegno. E così i Valar avanzarono attraverso Belegaer con un possente esercito. Morgoth scatenò contro di loro tutti i suoi demoni e le sue difese, e il Beleriand fu distrutto in lunghi decenni di guerra tra l’esercito dell’Ovest, composto da Vanyar, Noldor di Tirion e Maiar e l’armata di Melkor, fatta di Orchi, Goblin, Lupi, Balrog e Draghi.

Ma a nulla gli valse: i suoi draghi furono abbattuti grazie all’intervento delle Aquile, e Ancalagon fu fatto precipitare da Eärendil stesso, dalla sua nave Vingilot, e cadendo schiantò i picchi di Thangorodrim, che si frantumarono nella sua caduta. Angband fu così scoperchiata, e Morgoth catturato nella sua fortezza, e i suoi piedi “troncati da sotto di lui, così che egli fu scagliato con la faccia a terra”. I Silmaril furono rimossi dalla sua corona da Eonwë, l’Araldo di Manwë, e ed Egli fu incatenato ancora una volta con la catena Angainor.
Questa volta, però, fu espulso da Arda e scagliato nel Vuoto senza Tempo, venendo così escluso dal Tempo e dallo Spazio, oltre il confine dell’Essere, oltre Eä stessa. Così ebbe fine il più grande tra gli Ainur caduti, e il mondo, ferito ma ancora vivo, poté continuare a vivere. Corrotto, poiché tali e tante erano le malvagità ordite da Morgoth, e così profonda la sua influenza nell’essenza stessa del mondo plasmato dalla Musica, che ormai erano impossibili da sanare.
E così per lungo tempo, anche quando un altro oscuro Signore ne prese il ruolo, Melkor rimase sullo sfondo d’ogni tempo ed evento, dalla caduta di Númenor alla forgiatura dei grandi Anelli, dall’avvento del Dominio degli Uomini fino alle ere successive, quando la luce degli Eldar e l’ultima discendenza dagli Edain saranno ormai dimenticati dal mondo, e si approssimerà il tempo in cui Morgoth è destinato a tornare.

Poiché si dice che, alla fine del tempo, Egli sarà in grado di fare breccia nella Porta della Notte e di aggredire il Sole e la Luna, preparandosi alla grande battaglia della fine dei tempi: Dagor Dagorath, in cui il mondo sarà cambiato e la corruzione definitivamente mondata.
Durante questo scontro epocale, dicono le antiche profezie, Túrin Turambar emergerà dalle Aule di Mandos e combatterà al fianco di Tulkas ed Eonwë, e con Gurthang infliggerà il colpo decisivo al Vala Rinnegato, ormai legato all’essenza stessa di Arda, e con essa destinato a finire prima che il ciclo del Tempo si sarà chiuso, quando gli Ainur e i figli di Ilúvatar si riuniranno, al di là del tempo, per una nuova grande musica al cospetto dell’Uno.