Il Flagello di Durin, di Joe Hickman

Il Flagello di Durin

Aule Atemporali, Prima del Tempo – Moria, 3.019 T.E.

Esistevano prima del tempo gli Ainur, i Santi, concepiti da Eru Iluvatàr secondo una naturale scala di possanza, e ciascuno dotato di poteri più o meno evidenti, che avrebbero rivelato, ognuno a proprio modo, durante la Grande Musica che chiamiamo Ainulindalë, che l’Uno rese reale e tramuto in Eä, il mondo che è.

Ora, com’è altrove narrato, durante il Canto Melkor, Colui che si eleva in possanza, introdusse discordia e disaccordi nella musica, convinto di poter generare, attraverso il proprio canto, qualcosa che non fosse esso stesso voluto da Eru, che lo aveva generato. Ma il suo intervento ebbe comunque effetti, poiché molti, della schiera degli Ainur, furono estraniati dal tema originale e traviati dalla sua disarmonia, che parlava di potere, di grandezza e di supremazia. E, quanto più o meno possenti erano nel loro intimo, tanto o poco erano in grado di resistere a questo richiamo, e resistere alla corruzione che li allontanava da Eru e dalla Fiamma Imperitura che è sempre con lui. Così alcuni tra i Maiar, più portati di altri alla subalternità verso un potere più forte del proprio, e al suo sfoggio privo di ritegno, caddero nella sua sudditanza.

 

E tale fu la dedizione con cui si associarono ai distorti e disarmonici temi di Melkor, quanto più, dopo che Eru concesse agli Ainur volenterosi di discendere in Arda, il loro aspetto non poteva che rispecchiare le malvagie note da cui si erano fatti coinvolgere. E divennero demoni di fuoco e oscurità, ombre di Melkor e loro più stretti collaboratori, membri della sua guardia del corpo e fedeli soldati al comando di Gothmog, Signore dei Balrog.

Pochi di essi, tuttavia, sono menzionati nelle antiche cronache, e quasi sempre come un gruppo più che come singoli individui. Si racconta infatti che fu Gothmog con alcuni Balrog ad accerchiare e uccidere due alti Re dei Noldor, Fëanor al suo arrivo nel Beleriand e Fingon nella Nirnaeth Arnoediad. E ancora si dice che alla caduta di Gondolin presero parte diversi Balrog, di cui uno trovò la morte nello scontro con Glorfindel, mentre Gothmog annegò nella Fontana della Città insieme ad Ecthelion che ne era Signore.

 

Non è noto dunque il numero complessivo dei Balrog, sebbene sia possibile intuire che si dovesse trattare di un numero ristretto, ma non ridotto. Forse alcune decine, forse qualcuno meno. Ignoriamo altresì il loro destino dopo la Guerra d’Ira, perché per lunghi secoli si pensò che i Balrog fossero tutti periti nella battaglia, e come anime immortali fossero divenuti spiriti di malignità privi di corpo, e d’alcun effetto sul mondo.

Tutti, tranne uno. Perché nessuno, nemmeno tra i più saggi, poteva sapere tutto ciò che avvenne nella lunga Guerra d’Ira, né intuire le misteriose vie che i servi del Nemico presero dopo la Rovina del Beleriand. E così come i Draghi sopravvissero rifugiandosi a Nord, ecco che un Balrog, e forse di più, è riuscito a fuggire attraverso reconditi budelli nelle profondità della Terra di Mezzo, per perdurare nell’Ombra delle grandi caverne sotto alle Montagne Nebbiose.

Per oltre cinquemila anni, il demone dormì nel ventre della terra, indisturbato. La Seconda Era passò, poi quasi tutta la Terza, e Khazad-dûm fiorì sopra il suo ignoto sepolcro. Ma nell’anno 1980 della Terza Era, i Nani di Durin VI, cercando il mithril con brama crescente, penetrarono troppo in profondità nel ventre della montagna. E destarono il Fuoco e l’Ombra.

 

I Nani scavarono troppo a fondo, di Ted Nasmith
I Nani scavarono troppo a fondo, di Ted Nasmith

Il Re fu tra i primi a cadere. Da allora, la creatura fu conosciuta come il Flagello di Durin. E l’anno seguente, il figlio di Durin, Re Náin, cercò di opporsi al suo risveglio.

Ma il potere di un Maia a lungo dormiente era troppo grande, e i Nani furono annientati. Khazad-dûm fu abbandonata, e la sua gloria sepolta dall’orrore.

Gli Orchi affluirono nelle sale vuote. I Silvani di Lórien, temendo quella nuova minaccia, migrarono a sud. Per cinquecento anni, il Flagello dominò indisturbato, esplorando gli abissi scavati da creature senza nome, più antiche di Sauron stesso.

 

Intorno all’anno 2480 della Terza Era, gli Orchi iniziarono a costruire roccaforti segrete tra i passi delle Montagne Nebbiose, mentre Sauron inviava i suoi servitori a Moria. Non si conosce il legame che essi stabilirono con il Balrog, ma è possibile che essi si comportassero come suoi servitori, o suoi guardiani, mentre egli continuava a risiedere nelle immense caverne di Nanosterro. Si suppone che il Balrog tollerasse la loro presenza, ma essi lo temevano come un dio sepolto nel fuoco.

D’altronde, rimane significativo che nel 2799 della Terza Era, quando davanti alla Grande Porta di Moria, si combatté la Battaglia di Azanulbizar, ultimo scontro della Guerra tra Nani e Orchi, egli non intervenne, pur rimanendo visibile non lontano dal cancello. Che ciò dipendesse da un disinteresse nei confronti degli Orchi, per lui poco più che formiche operaie, o da qualche reminescenza delle guerre della Prima Era, quando i Nani sempre si dimostrarono fieri nemici dei servitori di Morgoth, non è dato saperlo. Così fu che i Nani vinsero, ma non entrarono nella Città delle Gallerie. Dáin Piediferro, che aveva ucciso Azog, avvertì una presenza antica e terrificante nei pressi della soglia… e si ritrasse. E a chi gli chiedeva cosa avesse visto, rispondeva che il Fuoco e l’Ombra attendevano chi fosse entrato in Moria.

Nel 2989, Balin cercò di reclamare la patria perduta. Ma l’oscurità era ancora viva. Il Flagello di Durin vegliava nelle tenebre, ignoto al mondo esterno, pronto a colpire di nuovo. E solo cinque anni durò il Regno di Balin, sebbene non è noto se il Flagello ebbe una parte nella sua fine, o se furono semplicemente gli Orchi che nel frattempo si erano moltiplicati, rafforzati dal risveglio dell’Ombra.

Il Flagello di Durin è noto ai più perché citato in uno dei passi più celebri del Libro Rosso. Si racconta infatti che nel gennaio dell’anno 3019 della Terza Era, la Compagnia dell’Anello attraversò le sale oscure di Moria, in cammino verso Monte Fato. Il 15 di quel mese, fuggendo dagli Orchi che li avevano inseguiti dalla Camera di Mazarbul, raggiunsero il Ponte di Khazad-dûm, e lì furono raggiunti dall’antico demone.

Appena apparve, l’Elfo Legolas lo riconobbe con terrore: un Balrog. Il nano Gimli, attonito, lasciò cadere la sua ascia, e subito comprese chi avevano davanti: il Flagello di Durin. Ma Gandalf alzò la voce e li ammonì: “Questo avversario è oltre le vostre forze. Fuggite!”. E mentre i suoi compagni correvano verso la luce, fu lui a rimanere.

 

Gandalf contro il Balrog, di Martin Poloczek
Gandalf contro il Balrog, di Martin Poloczek

E qui pronunciò una delle più celebri frasi del Libro Rosso: “Non puoi passare”, disse. “Sono un servitore del Fuoco Segreto, e reggo la fiamma di Anor. Non puoi passare. A nulla ti servirà il fuoco oscuro, fiamma di Udûn. Torna nell’Ombra! Non puoi passare”. Al suo cospetto, il Balrog non parlò. Il suo fuoco si affievolì, e intorno a lui si addensò l’ombra. Ma la luce dello stregone rimase salda.

Il demone colpì, ma Glamdring scintillò: l’arma dell’Ombra si spezzò nel confronto. Allora il Balrog balzò in avanti — e Gandalf alzò un’abbacinante parete di luce sul ponte. E le pietre sotto ai piedi del Balrog cedettero. Il ponte crollò, e la creatura precipitò nell’abisso.

Ma nell’ultimo istante, il Balrog avvolse la sua frusta infuocata attorno alle ginocchia del Mago.

 

Gandalf fu trascinato nel vuoto, e mentre scompariva gridò con voce disperata: “Fuggite, sciocchi!”.

Ma né lui né la creatura trovarono la morte nella caduta.

 

Zirak-zigil, di Donato Giancola
Zirak-zigil, di Donato Giancola

Per otto giorni e otto notti, Gandalf inseguì il Balrog nelle viscere della montagna, dai contrafforti piùprofondi alla torre più alto, proprio sotto la cima di Zirak-zigil, il Picco d’Argento. Lì, tra le nevi e le saette, si affrontarono per tre giorni e due notti, in un duello che fece tremare le vette.

Alla fine, fu l’Ombra a cadere. Il suo corpo si schiantò contro il fianco del monte e venne annientato. Ma anche Gandalf cadde. E il suo spirito, stanco e spogliato, uscì dal tempo.

Tuttavia, non era giunta la sua ora.

Mandato indietro dalle Potenze dell’Ovest, tornò in Terra di Mezzo cambiato nell’apparenza, ma non nello spirito: non più Gandalf il Grigio, ma Gandalf il Bianco, custode di una nuova speranza per i Popoli Liberi.

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