Così finì il più possente dei Noldor

Dieci giorni durò quella battaglia, e di tutte le armate da lui apprestate per la conquista del Beleriand, non tornò che un pugno di superstiti.

Pure, avrebbe avuto motivo di grande gioia, ancorché per il momento gli fosse celato. Ché Fëanor, mosso da ira per l’Avversario, non volle far alto, ma proseguì tallonando i resti degli Orchi, pensando così di giungere da Morgoth stesso; e rideva forte agitando la spada, rallegrandosi al pensiero di aver sfidato la collera dei Valar e i perigli del cammino, e che era vicina l’ora della sua vendetta. Nulla sapeva di Angband né delle formidabili difese che Morgoth vi aveva in gran fretta apparecchiate; ma, anche se le avesse conosciute, non lo avrebbero distolto, essendo egli forsennato, consumato com’era dalla fiamma della propria ira. Così accadde che si spingesse ben oltre l’avanguardia del suo esercito; e, avvedutisene, i servi di Morgoth si volsero a far fronte, e da Angband vennero spiccati Balrog in loro aiuto. E ai confini del Dor Daedeloth, la contrada di Morgoth, Fëanor fu accerchiato, avendo al suo fianco pochi amici. A lungo continuò a combattere senza perdersi d’animo, benché fosse avvolto dalle fiamme e coperto di molte ferite; alla fine, però, fu atterrato da Gothmog, Signore di Balrog, che più tardi venne ucciso in Gondolin da Ecthelion. E sarebbe perito, non fossero proprio in quella giunti al soccorso con altre forze i suoi figli; e i Balrog lo lasciarono e rientrarono in Angband.

Allora i figli raccolsero il padre e tornarono con lui verso Mithrim. Ma come furono vicini a Eithel Sirion, intenti a salire al passo montano, Fëanor ordinò loro di fare alto, ché le sue ferite erano mortali ed egli sapeva essere giunta la sua ora. E dalle pendici degli Ered Wethrin con gli ultimi sguardi contemplò, remote, le cime di Thangorodrim, suprema tra le torri della Terra-di-mezzo, e seppe, con la preveggenza della morte, che nessun potere dei Noldor avrebbe potuto abbatterle; ma maledisse tre volte il nome di Morgoth, e ingiunse ai suoi figli di tener fede al giuramento fatto e di vendicare il loro padre. Quindi spirò; ma non ebbe né tomba né sepolcro perché così focoso era il suo spirito che, come se ne staccò, il corpo cadde in cenere e fu spazzato via come fumo; e il suo sembiante non è più riapparso in Arda, né il suo spinto ha lasciato le aule di Mandos. Così finì il più possente dei Noldor, dalle cui gesta vennero sia la loro massima nomea, sia le loro più triste sventure.

 

Il Silmarillion, Quenta Silmarillio, Il ritorno dei Noldor

Fëanor’s Last Stand by Kenneth Sofia on ArtStation

-Thorin

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back To Top