Makar, il Vala dimenticato
Aule Atemporali, Prima del Tempo – Vivente in Valinor (?)
Oggi parliamo di un personaggio presente solo nelle più antiche leggende tramandate sul Mondo di Arda, il cui nome, nelle successive stesure del Legendarium, sarà completamente avulso dalle cronache.
Si tratta tuttavia di un personaggio degno di nota, nella cui biografia troviamo forse la ragione per cui, in una versione più matura delle grandi Storie, egli sarebbe apparso molto problematico.
Era infatti Makar uno degli spiriti più potenti anche prendendo i Valar come metro di misura, attratto da tutto ciò che riguardava il combattimento e la sopraffazione dell’avversario, ma senza l’aspetto giocoso e quasi ‘sportivo’ che caratterizzava invece Tulkas. Non casualmente il suo nome, Makar, veniva tradotto in lingua elfica con “dio della guerra”, ed egli combatteva con una grande falce da guerra anziché affidarsi solo alle proprie nude mani.
Si racconta che presto, quando ancora gli Ainur erano liberi di spaziare per le Aule Atemporali, egli fu attratto dal potere e dall’unicità, unendosi e Melko nella sua dissonanza e contribuendo, come parte della sua musica, a plasmare Arda come un mondo conflittuale, in cui la Guerra divenne un modo, e forse il principale, attraverso il quale dirimere le controversie.
Nonostante il proprio ruolo nella dissonanza, quando vide l’Occhio di Eru inasprirsi di fronte al caos generato innanzi al suo trono, egli fu tra i primi a chinare la testa e a sottomettersi al suo giudizio, allontanandosi dalla schiena di coloro che rimasero con Melko. È possibile che con lui anche Ossë, personaggio che ne condivide diversi aspetti, abbia partecipato alla dissonanza, e che insieme abbiano fatto un passo indietro.
Una volta disceso in Arda, Makar contribuì fedelmente alle opere dei Valar e alla loro protezione dagli attacchi di Melko.
Completata la costruzione di Valinor, Makar e sua sorella Meàssë presero dimora in un castello di pietra e ferro posto a Nord del continente, alle pendici delle Montagne Nere, ove davano sfogo alla propria indole bellicosa cacciando orsi e grandi Lupi nelle valli montane. Qui, talvolta, si presentava Tulkas, che sfidava Makar nella lotta a mani nude. Ma, come raccontò Lindo e Eriol nella Casetta del Gioco Perduto, Tulkas lo faceva unicamente per tenersi in forma e perché Makar era l’unico capace di tenergli testa nel combattimento, perché punto o poco amore vi era tra di loro, e Tulkas spesso rimproverava a Makar di godere unicamente del lato violento del combattimento e non del piacere implicito generato dal confrontarsi con il proprio avversario.
Secondo questa versione fu Makar e non Aulë a forgiare le armature con cui i Valar si recarono all’assedio di Utumno, durante la prima guerra contro Melko, quando quest’ultimo fu condotto prigioniero in Valinor.
E con grande sorpresa di tutti, quando il Nemico fu posto dinanzi al cerchio dei Valar per essere giudicato, egli parlò in suo favore. Ma non già perché convinto delle sue ragioni, ma per il semplice fatto che la cattura di Melko avrebbe messo fine alla Guerra da cui egli traeva unico diletto.
Ma questa non fu l’unica occasione in cui egli dimostrò di avere un parere diverso dagli altri Valar. Quando gli Elfi si destarono a Cuivienén, Oromë propose di invitarli a Valinor. E solo Makar e la sorella si dissero contrari, sostenendo che Valinor era stata creata per i Valar, e loro soltanto, e che i Figli di Ilúvatar avrebbero dovuto vivere nel resto del Mondo, che restava a loro disposizione.
Come sappiamo, la prigionia di Melko durò tre Ere, al termine delle quali, dopo aver instillato il seme del dubbio tra i Noldoli e stretto segreti accordi con Ungwë Lianti, Spirito della Notte, Melko avvelenò gli alberi di Valinor e fuggì a Nord per tornare nella propria roccaforte di Angamandi.
Si racconta che Makar fu tra i Valar che si lanciarono al loro inseguimento per le spoglie terre di Araman, ma nessuno riuscí a raggiungerlo, perché era celato dalla nera coltre di tenebra del Grande Ragno, e aiutato da molti servi che ne coprirono la fuga.
E si dice che quella notte, quando gli inseguitori tornarono a Valinor senza successo, Makar fu l’unico ad avere un’ombra di soddisfazione sul proprio volto. Perché le sue mani erano rosse del sangue dei servitori di Melko che, più lenti degli altri, avevano avuto la sventura di incrociarne i passi.
Altro su Makar non si può dire, dal momento che il suo nome non comparirà nelle versione successive delle leggende che ci sono state tramandate. E alcuni di questi episodi non si ripresentarono più. Altri, invece, mutarono semplicemente d’aspetto, e vennero sussunti da altri membri della compagnia dei Valar come l’acredine di Ossë verso i Figli di Ilùvatar e le conoscenze di Aulë nella forgiatura di armi.