In ricordo di Dante Valletta Maggot

Oggi 7 Settembre è il compleanno di Dante Valletta (Farmer Maggot). Dante, membro fondatore dell’associazione culturale “I Cavalieri del Mark”, purtroppo è venuto a mancare il 15 giugno 2019. Un Uomo muore veramente quando viene dimenticato, questo non accadrà per lui. Oltre ad essere una persona dotta era dotato di enorme gentilezza e bontà, è sempre stato una guida saggia che elargiva consigli e incitamenti, un modello positivo a cui ispirarsi per crescere. Grazie Dante, sei sempre rimasto nei nostri pensieri.
Per chi di voi non lo ha conosciuto vi lascio questo suo scritto, spero lo troverete illuminante.
Chi sono gli Orchi? FARMER MAGGOT MARTEDÌ 17 NOVEMBRE 2015
Gli eventi degli ultimi anni, come gli attentati terroristici a Parigi di questa settimana, o gli omicidi efferati, anche nella mia cittadina, Ancona, di figli che uccidono i genitori, o come gli altri attentati degli ultimi 15 anni, dall’11 settembre al “mostro” Breivik, dai tagliatori di teste dell’Isis agli uccisori di bambini di Beslan, hanno spinto molti appassionati di Tolkien a vedere dei punti di contatto tra tutti questi eventi e le realtà descritte da Tolkien nella Terra di Mezzo. Chi non ricorda le scene del film, ed anche del libro, in cui gli Orchi catapultano a Minas Tirith le teste mozzate dei soldati di Gondor usciti in sortita con Faramir, per terrorizzare e gettare nella disperazione la città assediata? Come non vedervi i tagliatori di teste di Al-Quaeda prima e dell’Isis poi?
Su alcuni forum e pagine fb ho visto ragazzi e ragazze scrivere: “Non sono forse questi gli Orchi?” Subito dotti esperti si sono affrettati a dire, giustamente, che non si può “usare” Tolkien per giustificare guerre o aggressioni, siano pure di difesa, fatte con la scusa di “disumanizzare” il nemico, renderlo appunto un orco, e così perseguirlo e ucciderlo a suon di bombe, fino all’ultimo “orco”. Non mi dilungherò quindi su cose che già tutti sanno, ad esempio di come la parola Ork usata da Tolkien derivi dall’anglosassone e indichi creature degli inferi, come d’altra parte anche il Latino Orcus. Ecco dunque il brano de Il Silmarillon che ci spiega l’origine degli orchi:
“Degli infelici che si lasciarono irretire da Melkor, invece, poco si sa per certo. Chi infatti dei viventi è mai disceso nelle voragini di Utumno o ha sondato l’oscurità dei pensieri di Melkor? Pure, questo è tenuto per vero dai sapienti di Eressëa, che tutti coloro dei Quendi (Elfi, ndr) che caddero nelle mani di Melkor, prima che Utumno fosse distrutto, vi furono imprigionati e, per mezzo di lente arti crudeli, corrotti e resi schiavi; E così Melkor originò l’orrenda razza degli orchi, a invidia e scherno degli Elfi, dei quali in seguito furono i più accaniti avversari. Gli orchi infatti vivevano e si moltiplicavano a mo’ dei figli di Iluvatar; mentre nulla che avesse vita di per sé, o anche solo sembianza di vita poté mai produrre Melkor a causa della sua ribellione nello Ainulindalë prima dell’Inizio.” (Il Silmarillon, pag. 55, ed.1978 Rusconi)
Ed ecco come per la prima volta Tolkien presenta gli orchi al suo pubblico, ne Lo Hobbit:
“Il fatto è che gli orchi sono creature malvagie e crudeli. Non fanno cose belle, ma ne fanno molte di ingegnose. Possono scavare tunnel e miniere con bravura pari a quelli dei Nani più abili, quando lo vogliono, anche se di solito sono disordinati e sporchi. Fanno molto bene martelli, asce, spade, pugnali, picconi, tenaglie e anche strumenti di tortura, oppure li fanno fare su loro disegno ad altra gente, prigionieri schiavi che devono lavorare fino a che non muoiono per mancanza di aria e di luce. Non è improbabile che abbiano inventato alcune delle macchine che da allora in poi hanno afflitto il mondo, specialmente gli ingegnosi congegni per uccidere grandi masse di gente tutta insieme, poiché ruote, motori ed esplosioni sono sempre piaciuti loro moltissimo, anche se hanno cercato di lavorare il meno possibile con le proprie mani; ma in quei giorni e in quelle contrade selvagge essi non avevano ancora fatto tanti progressi (come vengono chiamati).” (Lo Hobbit, pag 80, Adelphi 1979)
Già da queste sole righe del Maestro gli spunti di riflessione sono infiniti. Si potrebbe ad esempio parlare di come egli abbia visto nella sua infanzia la dolce, verde, campagna inglese dove giocava con suo fratello diventare nera per il carbone estratto dai minatori, tristi e neri in faccia, che sparivano all’alba nei tunnel sotterranei e ne uscivano, se uscivano, sfiniti e anneriti solo all’imbrunire. Chi volesse andare in Inghilterra sulle orme di Tolkien potrebbe visitare il museo all’aperto “The Black Country” cioè “La Terra Nera”, ovvero Mordor, nei pressi di Birmingham, e paragonarlo al campo dove i fratellini Tolkien giocavano a Sarehole, vicino al mulino. Già questo ci direbbe molto dello spirito con cui Tolkien scriveva. Ma non fermiamoci al solo aspetto bucolico e anti-tecnologico della cosa.
Tolkien non amava, si sa, la tecnologia, ma non di per se stessa quanto per questo suo aspetto che aveva potuto osservare dal vero di come essa rischiasse di rendere l’uomo schiavo invece che liberarlo. Se infatti consideriamo non solo gli orchi, che come abbiamo visto una volta furono Elfi, ma se consideriamo anche i Nazgul, che furono addirittura potenti Re degli Uomini, trasformati in neri spettri di terrore dagli Anelli del Potere donati da Sauron, e se consideriamo come Gollum sia stato trasformato da Hobbit in un essere infido, viscido e assassino, e di come perfino Saruman si sia lasciato traviare dal Potere dell’Anello, ecco che il messaggio che ci manda Tolkien assume un aspetto più completo e si elevi ad un insegnamento ben più profondo, sempre considerando che stiamo ragionando in termini di applicabilità della Storia, e non di Allegoria.
Quello che voglio dire è che il messaggio più forte che secondo me traspare da queste righe non è che noi dobbiamo individuare gli orchi per fargli guerra e distruggerli, ma che invece dobbiamo stare molto, molto attenti a non diventare noi stessi gli orchi, o i Nazgul, o i Gollum, o i Saruman, o i Denethor di questo mondo. Dobbiamo cioè vegliare con molta attenzione, come Galadriel o come Faramir: ognuno di noi deve vegliare sul proprio cuore, perché come si può vedere dai casi di cui parlavo inizialmente, dei terroristi nati e cresciuti in europa e che si sono macchiati di delitti impressionanti, al male basta un piccolo spiraglio per iniziare a penetrare la fortezza del nostro cuore e della nostra coscienza, per fare grandi danni, facendola marcire dal di dentro grazie all’egoismo, all’avidità, al potere, ed altri mille trucchi di cui Melkor è maestro. Non dobbiamo mai sentirci i “giusti”, perché non lo siamo, e senza neanche rendercene conto siamo colpevoli di delitti enormi, spesso chiamati “progresso”, come diceva Tolkien.
Al male basta un piccolo spiraglio per penetrare nel nostro cuore e iniziare a far danno. Ed ecco che Tolkien ci insegna, attraverso le parole di Aragorn ed Eomer nel loro primo incontro, che anche in tempi come questi possiamo discernere il male ed il bene “come abbiamo sempre fatto”, e che l’esempio da seguire quando siamo di fronte al male e lo guardiamo negli occhi è l’esempio che ci ha dato Gandalf: rimanere fermi senza esitare sul Ponte di Kazhad-Dum e intimargli: “Tu non puoi passare”.
Farmer Maggot, 17 novembre 2015.
{In ricordo di Dante Valletta Maggot (07 settembre 1969-15 giugno 2019)}
-Ancalagon

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