Cari amici, ben ritrovati al consueto appuntamento con Sôval Phârë. Oramai, in questa nostra rubrica, stiamo raccogliendo una gamma piuttosto varia di argomenti: essendo partiti dal concetto di traduzione interna all’opera, dallo pseudobiblion, dallo statuto narrativo del Legendarium, siamo poi passati all’analisi delle prime traduzioni delle opere di Tolkien in giro per il mondo, e abbiamo iniziato la scorsa volta a esporre qualche cenno sulla storia editoriale dell’opera più celebre e influente dell’autore inglese: The Lord of the Rings.
Dopo un avvio molto promettente in Regno Unito, Il Signore degli Anelli fu presto pubblicato anche in USA, dalla casa editrice Houghton Mifflin & co.
I volumi uscirono a cadenza simile all’edizione inglese (21 ottobre 1954, 21 aprile 1955, 5 gennaio 1956), ciascuna uscita a breve distanza dall’originale. Per far questo in tempi brevi, l’edizione statunitense era ottenuta impaginando e rilegando copie sfuse composte da pagine stampate in Gran Bretagna per l’edizione UK. Oltretutto, man mano che la popolarità del romanzo cresceva negli USA e la richiesta aumentava, la Houghton Mifflin cominciò ad eccedere sui limiti d’importazione (all’epoca sanciti per non più di 1445 copie) previsti dalle leggi allora vigenti in USA (Convenzione universale del diritto d’autore e Copyright Act) che avevano l’obiettivo di tutelare autori ed editori statunitensi dalla concorrenza delle creazioni straniere. A causa di ciò la HM non riuscì a rinnovare in tempo il diritto d’autore provvisorio (la licenza limitata per l’importazione valeva cinque anni).
Questa inadempienza, che non avrebbe altrimenti avuto conseguenze evidenti al pubblico, fu sfruttata prontamente dall’editore Donald Allen Wollheim, della casa editrice Ace Books.
Nel 1964 Wollheim, sulla scorta del successo del romanzo e della sua edizione brossurata, aveva contattato Tolkien per proporgli un’edizione paperback, ovvero tascabile (un formato di pubblicazione del quale Ace Books era leader nel settore) del SdA.
Pare che Tolkien non fosse interessato a che Il Signore degli Anelli venisse distribuito in formato tascabile, anzi fosse piuttosto contrario, e si dice che abbia respinto questa richiesta, sostenendo che non avrebbe mai approvato una tale “forma degenerata” per il suo romanzo. Non sappiamo se Tolkien si espresse effettivamente in questi termini, dato che si tratta unicamente di una testimonianza riferita da Betsy Wollheim, figlia di Donald; tuttavia non sembra del tutto impossibile che questa fosse l’idea del Professore.
Sta di fatto che, che Tolkien fosse favorevole o meno, ben più di una versione paperback del suo romanzo di lì a poco sarebbe giunta sugli scaffali delle librerie.
Wollheim, vedendo la sua proposta respinta con sufficienza, si risentì, e decise di fare qualche ricerca sullo stato dell’arte della pubblicazione americana del SdA, accorgendosi così della falla nel copyright di Houghton Mifflin, la quale, forse inizialmente sottovalutando la portata del romanzo, aveva importato dal Regno Unito copie non rilegate a piccoli blocchi, arrivando al numero complessivo di oltre 2000 copie, decisamente più di quelle consentite dalla legge. Prontamente, Ace Books concepì una nuova composizione, che, non dovendo passare da alcun processo di importazione in quanto stampata in USA, sarebbe stata meno in difetto rispetto a quella “ufficiale” approvata da Tolkien, e non sarebbe potuta esser “bloccata” dal sistema editoriale.
Si stava approfittando del fatto che il testo del romanzo non fosse coperto dal diritto d’autore americano, ed era pertanto divenuto di dominio pubblico, e poteva essere riprodotto.
Wollheim riuscì così a pubblicare la sua edizione paperback non autorizzata del Signore degli Anelli (seppur monca delle Appendici!).
Trattandosi di un’edizione economica, stampata in USA, non aveva limiti di tiratura (i tre volumi che componevano il romanzo erano stati stampati a tempo di record e pubblicati quasi in blocco, a partire dal luglio 1964) ed era molto più a buon mercato dell’edizione Houghton Mifflin (75 centesimi di dollaro contro 15 dollari!), pertanto decretò per il romanzo un successo enorme, surclassando le vendite dell’edizione “approvata”: in pochi mesi vendette circa 150.000 copie a volume. Appena Tolkien e i suoi editori se ne accorsero furono alquanto contrariati, ovviamente! L’edizione Ace Books era comunque di fatto una pubblicazione pirata (non pagavano royalties all’autore), e tuttavia non poteva essere estromessa dal mercato secondo le leggi americane.
Dunque spettò a Tolkien stesso agire di moral suasion presso i suoi lettori, cosa che fece, a partire da maggio 1965, scrivendo in risposta ai fan che lo contattavano per informazioni, sollecitandoli a boicottare i libri non autorizzati e denunciando la cattiva condotta della Ace Books. Fu perfino inserita, nelle edizioni americane, una nota di riconoscimento ai lettori statunitensi, per informarli che l’edizione Houghton Mifflin era l’unica autorizzata dall’autore. Nel corso dell’anno successivo, questa campagna di boicottaggio mise sotto pressione la casa editrice che infine nel 1966 si sottopose a un accordo con Tolkien (per quanto non sarebbe stata obbligata a farlo!) e gli pagò una parte delle royalties che gli spettavano. L’accordo prevedeva inoltre che avrebbero dovuto lasciare che le scorte si fossero esaurite, senza più poter procedere con nuove tirature.
All’interno dell’epistolario di Tolkien (che in questa nostra rubrica stiamo utilizzando come riferimento principale) troviamo traccia di questa vicenda nelle Lettere 270 – 271 – 273.
Ne parla ovviamente anche Humphrey Carpenter in J. R. R. Tolkien: A Biography.
Riporto qualche estratto da questi testi:
Tratto da J. R. R. Tolkien: A Biography di Humphrey Carpenter
Parte VI – anni 1949-1966: il successo
[By that time] what Tolkien and others regarded as an American ‘pirate’ edition of The Lord of the Rings had been issued.
The publishers were Ace Books, who (when challenged) alleged there was nothing illegal in their paperback, even though it was printed entirely without the permission of Tolkien or his authorised publishers, and even though no royalty payment had been offered to the author. Indeed the Ace edition had also been manufactured with some care, so that it was quite a bargain at seventy-five cents for each volume. There were a number of errors in the typesetting, but on the whole the printers had reproduced Tolkien’s text accurately; ludicrously so, since they had included both the promise in the foreword of the index of names and the note at the end apologising for its absence. Ace were already well known as publishers of science fiction, and clearly a lot of people were going to buy their edition until an authorised paperback could be issued. An urgent request was sent to Tolkien to complete the revisions (which it was assumed he had been working on assiduously for the last six months) as soon as possible.
***
Estratti dalle Lettere di J. R. R. Tolkien:
1). Lettera 270 a Rayner Unwin (20 maggio 1965)
[…] P. S. In ogni lettera ai lettori americani sto inserendo una breve nota in cui li informo che la Ace Books è un pirata, e chiedo loro di dirlo a tutti quelli che conoscono.
2). Lettera 271 a Rayner Unwin (25 maggio 1965)
Sto assaporando il compito di rivedere Il Signore degli Anelli. Penso che si rivelerà molto difficile se non impossibile apportare dei sostanziali cambiamenti al testo generale. Ho già riletto il volume I e il numero delle correzioni necessarie o desiderabili è molto piccolo. Devo proprio dire che la mia ammirazione per la tenuta della costruzione dell’autore è in qualche modo aumentata. Il povero tipo (che ora mi sembra solo un amico lontano) deve averci lavorato molto. Spero che il cambiamento delle note introduttive, una considerevole modifica delle appendici e l’inclusione di un indice si rivelino sufficienti.
A proposito, mi sto facendo un dovere di includere una nota in tutte le risposte alle lettere degli ammiratori dagli Usa in cui avverto che l’edizione paperback della Ace Books è un’edizione pirata ed è stata pubblicata senza il permesso dei miei editori e mio e quindi senza il pagamento dei diritti d’autore. Pensi che se una cosa del genere venisse fatta su larga scala potrebbe essere utile?
3). Lettera 273 a Nan C. Scott (21 luglio 1965)
Le sono estremamente grato per le informazioni che mi ha dato, e ancora di più per la Sua grande gentilezza e per la Sua energia nel tentativo di combattere i pirati per mio conto. […] Ho interrotto gli altri lavori che stavo facendo e sto spingendo al massimo perché la Ballantine Books faccia uscire al più presto possibile un’edizione in paperback autorizzata.
Da questo ultimo estratto possiamo osservare, come alludevamo prima, che alla fine Tolkien dovette comunque piegarsi a un’edizione tascabile per il suo romanzo, in questo caso per far concorrenza all’edizione pirata non autorizzata.
Bisogna ammettere che Ace Books era stata astuta e abile, e aveva inconsapevolmente attirato l’attenzione su un aspetto di grande ipocrisia e inconsistenza del sistema del copyright americano, che finiva per produrre cortocircuiti in cui gli autori non erano affatto tutelati, ma finivano vittime di operazioni al risparmio, burocrazia, legislazioni discutibili, sufficienza e superficialità delle case editrici. La leggerezza con cui HM aveva trattato l’opera fu in un certo senso controbilanciata dall’operazione proditoria ma sagacemente congegnata dalla Ace: in effetti tra le due fu decisamente la seconda a decretare il maggiore successo di pubblico per l’opera di Tolkien, sebbene con mezzi un tantinello poco ortodossi.
Uno degli aspetti affascinanti di tutta questa vicenda, infatti, è che l’intera congiuntura aumentò enormemente la popolarità e la diffusione del romanzo, contribuendo ad un suo ampio successo culturale nel medio termine, oltre che a un successo commerciale strettamente inteso.
Negli anni ’70, come è risaputo, Il Signore degli Anelli era divenuto “il libro più venduto negli USA dopo la Bibbia”. La sua fortuna di pubblico fu tale da influenzare pesantemente l’immaginario dell’epoca, facendo sì che specialmente le nuove generazioni cominciassero a identificarsi in quel testo, nella sua storia e nei suoi personaggi, nella sua ambientazione straordinaria, trovandovi suggestioni e spunti di coinvolgimento tali da investire la dimensione creativa, la sfera politica e sociale, la riflessione letteraria, l’approfondimento filologico.
Voglio citare, come esempio di questa esplosione culturale, alcuni casi emblematici “di massa”:
In quegli anni cominciarono a fioccare negli USA graffiti con le frasi “Frodo lives” e “Gandalf for president!”. Non erano altro che una delle espressioni della controcultura giovanile cui facevamo riferimento, slogan pronunciati quasi per rifugiarsi nell’identificazione con beneamati personaggi dell’opera di finzione del momento, piuttosto che accettare di buon grado la paludata classe politica di allora, o tollerare orrori come la guerra in Vietnam.
La ventata di immaginario portata dal SdA (che è stato spesso deformato o “adattato” a esigenze altre, come avviene in tutti i fenomeni legati alla cultura pop) andò a innestarsi sull’ondata mondiale della contestazione, divenendo (in parte, suo malgrado!) baluardo di una lotta culturale giovanile, e di un movimento di rifiuto o problematizzazione del presente. Nel bene e nel male, il romanzo fu adottato quasi come un manifesto da molte persone, che vi vedevano un messaggio anti-militarista e libertario (sebbene non mancarono critiche di segno opposto).
Altro esempio: nel 1974 nasce Dungeons & Dragons, celeberrimo gioco di ruolo fantasy creato dagli statunitensi Gary Gygax e Dave Arneson. Sebbene gli autori di D&D abbiano sempre negato un’ispirazione diretta è innegabile che un legame estetico (e ritengo che la presenza di creature come hobbit, ent e balrog, dalle edizioni successive sostituiti con halfling, trent e balor per questioni di copyright, possa essere un valido indizio) vi sia, e sia anche profondo.
***
Insomma, per concludere la nostra storia: nel 1965 andò in stampa l’edizione paperback della Ballantine Books, in diretta concorrenza con quella di Ace Books. Questa edizione incorporò alcune modifiche e integrazioni cui Tolkien stava nel frattempo lavorando, ed è inutile rimarcare che ebbe un clamoroso successo.
Tuttavia, per aggiungere una ulteriore nota di colore, si può qui far menzione di un attrito che vi era stato tra Tolkien e la Ballantine, per ragioni legate alla veste grafica ed editoriale delle sue opere. Lo stesso anno era infatti stata data alle stampe dalla stessa casa editrice anche la versione tascabile dello Hobbit, nell’attesa che fosse completato il lavoro di revisione sul SdA, urgentemente ripreso da Tolkien in seguito all’affaire Ace, tuttavia pare che le illustrazioni proposte per la copertina dello Hobbit di Ballantine fossero molto brutte e poco pertinenti alla storia (sicuramente più brutte e meno pertinenti di quelle di Ace Books per Il Signore degli Anelli, anche se questo Tolkien non l’avrebbe mai ammesso!).
Scrive a riguardo Humphrey Carpenter:
Meanwhile the authorised paperback publishers, Ballantine Books, had decided that they could not wait any longer. In order to get at least one Tolkien book into the shops they published The Hobbit in the original text without waiting for Tolkien’s revisions, which they planned to include in a later edition. They sent him a copy, and he was astonished by the picture on the cover. Ace Books for all their moral ‘piracy’ had employed a cover artist who knew something about the story, but Ballantine’s cover picture seemed to have no relevance whatever to The Hobbit, for it showed a hill, two emus, and a curious tree bearing bulbous fruit.
Riporto infine di seguito un estratto dalla lettera di lamentela esasperata che Tolkien indirizzò al suo editore a riguardo:
Lettera 277 a Rayner Unwin (12 settembre 1965)
Ho scritto (agli editori americani) esprimendo (con moderazione) la mia disapprovazione per la copertina (dell’edizione della Ballantine) dello Hobbit. Era una nota breve e scritta di fretta, a mano, senza brutta copia, ma diceva pressappoco: penso che la copertina sia brutta; ma riconosco che l’obiettivo di una copertina di paperback è quello di attrarre acquirenti, e suppongo che voi siate giudici migliori di me riguardo a quello che può attrarre gli americani. Non starò quindi a discutere di gusti (intendendo, anche se non l’ho detto: colori orribili e brutte lettere) ma a proposito dell’immagine devo chiedervi: che cosa ha a che fare con la storia? Dove si colloca? Perché un leone e degli emù? E che cos’è quella cosa sullo sfondo con bulbi rosa? Non capisco come chi abbia letto il racconto (spero che voi siate tra questi) possa pensare che un’immagine simile piaccia all’autore.
Queste osservazioni non sono mai state raccolte, e sono state ignorate nelle (loro) ultime lettere. Sembra che questa gente non legga mai le lettere, o sia molto opportunamente sorda a qualunque cosa che non sia una «reazione favorevole».
La signora (una rappresentante degli editori del paperback) non ha trovato il tempo di venire a trovarmi. Mi ha telefonato. Ho avuto un colloquio piuttosto lungo; ma mi è sembrata impermeabile. Penso che tutto quello che volesse era che io ritirassi le critiche, facessi il bravo ragazzo e reagissi favorevolmente. Quando ho riproposto le mie osservazioni, la sua voce è salita di diversi toni e ha strillato: «Ma l’uomo non ha avuto il TEMPO di leggere il libro!» (Come se con questo la faccenda fosse sistemata. Una breve conversazione con l’«uomo» e un’occhiata alle illustrazioni dell’edizione americana sarebbero state sufficienti.) A proposito dei bulbi rosa ha detto, come se stesse parlando con una persona completamente ottusa: «sono stati fatti per dare l’idea di un albero di Natale». Perché una donna simile è a piede libero? Comincio a provare la sensazione di essere in una gabbia di matti. Voglio finire Gawain e Pearl e continuare con Il Silmarillion e sento che non ce la faccio più a trattare con la H[oughton] M[ifflin] o con la Ballantine Books. Potresti dire loro che sono andato in ritiro (per comunicare con la mia anima creativa), e che solo tu hai il permesso di metterti in contatto con me – se pensi che vada bene?
Ecco! questi spaccati su quegli anni ci offrono non solo aneddoti divertenti (e tragicomici) ma anche qualche riflessione: incredibile notare quanto pesante potesse essere il rullo compressore della “forma editoriale” per un’opera complessa e in costante divenire come Il Signore degli Anelli. Difficilmente un romanzo simile avrebbe potuto essere “cristallizzato” nella sua prima versione edita, e infatti non fu così: esso continuò il suo processo evolutivo anche svariati anni dopo la prima pubblicazione, revisione dopo revisione. Tolkien non era mai pienamente soddisfatto, anche perché il Legendarium andava ancora perfezionandosi ed espandendosi, e dunque Il Signore degli Anelli, ormai punto fondamentale della sua mitologia e divenuto, quasi senza che il suo autore se ne accorgesse, crocevia di storie molto più antiche e di spunti decisamente più recenti, doveva far parte di questa evoluzione.
Parleremo di tutto questo nel prossimo appuntamento, dove tratteremo la Seconda Edizione del Signore degli Anelli, uscita nel 1966, dunque a ridosso della edizione americana in paperback della Ballantine, e che incorporò un certo numero di revisioni e di contenuti inediti. La natura di quest’opera è senza dubbio paragonabile a un palinsesto che non si finisce mai di approfondire e di studiare. Alla prossima!
-Rúmil