Al pallido raggio del bastone di Gandalf, Frodo intravide scale ed archi, ed altri corridoi e tunnel, che salivano verso l’alto, o piombavano giù ripidi, o si aprivano nel buio e nel vuoto ai due lati del loro sentiero. Confondevano le idee al punto da paralizzare qualsiasi ricordo.
A sinistra del grande arco trovarono una porta di pietra: era socchiusa, e bastò una leggera spinta per aprirla del tutto. Al di là pareva estendersi un’ampia stanza scavata nella roccia.
«Fermi! Fermi!», gridò Gandalf a Merry e Pipino che si spingevano avanti, lieti di trovare un luogo ove riposare con la sensazione di essere almeno più al riparo che non in mezzo al corridoio. «Fermi! Non sapete ancora cosa vi sia all’interno. Entrerò io per primo».
«Ecco!», disse, indicando col bastone il centro del pavimento. Innanzi ai suoi piedi videro un grande foro circolare, simile alla bocca di un pozzo. Delle catene rotte ed arrugginite giacevano sull’orlo e pendevano giù nel nero. Accanto vi erano frammenti di pietra.
«Uno di voi avrebbe potuto cadervi, e ora potrebbe ancora domandarsi fra quanto tempo arriverebbe in fondo», disse Aragorn a Merry. «Lasciate andare per prima la guida, quando ne avete una».
«Quel foro era chiaramente un pozzo adoperato dalle guardie, chiuso da un coperchio di pietra. Ma il coperchio è rotto, e noi dobbiamo essere più che cauti nell’oscurità».

   Pippin in The Fellowship of the ring, P. Jackson

Pipino si sentiva stranamente attirato dal pozzo. Mentre gli altri srotolavano le coperte e preparavano dei letti contro le pareti della stanza, il più lontano possibile dal foro centrale, egli strisciò sino all’orlo e guardò giù. Un’aria gelida parve soffiargli in faccia, giungendo da abissi invisibili. Spinto da un impulso improvviso, cercò tastoni un sasso e lo lasciò cadere nel pozzo. Udì il proprio cuore battere parecchie volte prima che risuonasse alcun rumore. Poi da luoghi molto profondi, come se il sasso fosse piombato nelle acque abissali di qualche posto cavernoso, giunse un plunk, estremamente distante, ma amplificato e ripetuto nella vuota gola.
«Cos’è?», gridò Gandalf. Fu sollevato quando Pipino confessò quel che aveva fatto; ma era molto in collera, e l’Hobbit vedeva i suoi occhi fiammeggiare. «Idiota di un Tuc!», ruggì. «Questo è un viaggio serio, e non una passeggiata hobbit. Gettati tu dentro la prossima volta, così in futuro non ci seccherai più. Ed ora stai fermo e zitto!».
Non si udì più nulla per alcuni minuti, ma poi sorsero dalle profondità dei deboli colpi: tom-tap, tap-tom. Cessarono, ed allorché gli echi si furono spenti, ripresero nuovamente: tap-tom, tom-tap, tap-tap, tom. Parevano inquietanti come fossero segnali di qualche genere; ma dopo un po’ i colpi morirono in lontananza e non furono più uditi. «Se quello non era il rumore di un martello, io non ho mai udito martellare», disse Gimli.
«Sì», disse Gandalf, «e non mi piace. Potrebbe non aver alcun nesso con la sciocca pietra di Peregrino; ma è probabile che abbiamo disturbato qualcosa che sarebbe stato meglio lasciare in pace. Vi prego, non fate più nulla del genere! Speriamo di poter riposare senza ulteriori incidenti. Tu, Pipino, puoi fare il primo turno di guardia, come ricompensa», ruggì, avvolgendosi in una coperta.
Dopo un’ora si alzò, avvicinandosi a Pipino.
«Mettiti in un angolo, e fatti un sonno, ragazzo mio», disse con tono amichevole. «Senti il bisogno di dormire, suppongo. Io non riesco a chiudere occhio, quindi tanto vale che monti la guardia.».

_ Stella del Vespro

 

 

                        in Moria, by Matthew Stewart

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back To Top