«Guardate il Flagello d’Isildur!», disse Elrond.
Gli occhi di Boromir brillavano guardando fisso l’oggetto d’oro. «Il Mezzuomo!», mormorò. «E’ giunto dunque infine il giudizio di Minas Tirith? Ma per qual motivo dovremmo allora cercare una spada rotta?».
«Le parole non erano il giudizio di Minas Tirith», disse Aragorn. «Tuttavia giudizio e grandi imprese sono imminenti, La Spada che fu Rotta è infatti la Spada di Elendil che si frantumò sotto di lui quando cadde. E’ stata custodita dai suoi eredi anche dopo che tutti gli altri ricordi di famiglia andarono persi; anticamente si era detto fra noi che sarebbe stata nuovamente forgiata, il giorno in cui si fosse ritrovato l’Anello, il Flagello d’Isildur. Ora che hai visto la spada tanto cercata, cosa desideri? Vuoi che la Casa di Elrond ritorni alla Terra di Gondor?».
«Non fui mandato ad implorare dei doni bensì a scoprire il significato di un enigma», rispose orgogliosamente Boromir. «Eppure le pressioni sono forti, e la Spada di Elendil sarebbe un aiuto insperato… se tale oggetto potesse effettivamente emergere dalle ombre del passato». Guardò di nuovo Aragorn, e dai suoi occhi traspariva il dubbio.
Frodo sentì accanto a sé Bilbo muoversi impaziente. Era evidentemente seccato per il suo amico. D’un tratto alzandosi proruppe:
«Non tutto quel ch’è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch’è forte non s’aggrinza
E le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L’ombra sprigionerà una scintilla,
Nuova la lama ora rotta,
E re quei ch’è senza corona.

«Forse non è molto buona come poesia, ma rende l’idea, poiché la parola di Elrond non ti basta. Se ti è costata un viaggio di centodieci giorni faresti bene ad ascoltarla». Si sedette con un grugnito.

«Ho scritto io quei versi», sussurrò a Frodo, «per il Dùnadan, quando mi parlò di sé per la prima volta, tanto tempo fa. Desidererei quasi non aver concluso le mie avventure e poter partire con lui quando giungerà la sua ora».
Aragorn gli sorrise, quindi si rivolse di nuovo a Boromir. «Quanto a me, ti perdono i dubbi», disse. «Rassomiglio poco alle figure di Elendil ed Isildur scolpite in tutta la loro maestà nei saloni di Denethor. Io sono soltanto l’erede d’Isildur, e non Isildur in persona. Ho avuto una vita dura e lunga, e le leghe che separano Gran Burrone da Gondor rappresentano una piccola parte dei miei viaggi.
«Ma la mia casa è nel Nord. Qui son sempre vissuti gli Eredi di Valandil, una lunga linea ininterrotta per molte generazioni, di padre in figlio. I nostri giorni si sono fatti scuri, e siamo diminuiti; la Spada è sempre passata a un nuovo custode. E ti dirò un’altra cosa, Boromir, prima di concludere: siamo uomini solitari, Raminghi delle zone selvagge, cacciatori…, ma ostinati cacciatori dei servi del Nemico, che si trovano in molti luoghi, non soltanto a Mordor.
«Se Gondor, Boromir, si è dimostrata una torre robusta, noi abbiamo recitato un’altra parte. Vi sono molte cose malvagie che le vostre forti mura e spade splendenti non arrestano. Sapete poco dei paesi oltre i vostri confini. Pace e libertà, dici? Poco le avrebbe conosciute il Nord, se non fosse stato per noi. Sarebbero state distrutte dalla paura. Ma quando cose oscure vengono dai colli senza case, o strisciano fuori dai boschi senza sole, esse fuggono da noi. Quali strade si oserebbe percorrere, quale la sicurezza delle silenziose campagne, o delle case dei semplici uomini nella notte, se i Numenoreani dormissero, o riposassero tutti nella tomba?
«Eppure riceviamo ancora meno ringraziamenti di voi. I viaggiatori ci guardano torvi ed i contadini ci danno nomi spregiativi. “Grampasso” mi chiama un uomo grasso che vive ad un giorno di marcia dai nemici che gli raggelerebbero il cuore o distruggerebbero la sua cittadina, se non fosse incessantemente protetta. Non desideriamo tuttavia che le cose stiano altrimenti. Se la gente semplice non conosce preoccupazioni e paura, rimarrà tale, e noi per aiutarli dobbiamo restar segreti. Questo è stato il compito della mia gente, con l’accumularsi degli anni, mentre l’erba è cresciuta.
«Ma ora il mondo sta cambiando di nuovo. E’ giunta l’ora novella. Il Flagello d’Isildur è scoperto. La Battaglia è prossima. La Spada sarà nuovamente forgiata. Io verrò a Minas Tirith».

 

J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli

  • Stella del Vespro
Fotogramma da Il Signore degli Anelli

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