IL LHAMMAS, la “relazione sulle lingue” [4]

LHAMMAS (continua)

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Orcs by Alan Lee

Di altre lingue diverse dalle parlate Oromiane, che comunque intrattengono una qualche relazione con esse, si dirà poco in questa sede. L’Orquin, o Orquian, la favella degli Orchi, i soldati e le creature di Morgoth, era anch’essa di parziale origine valinoreana, poiché derivava dal Vala Morgoth. Ma la parlata che egli insegnò fu da lui distorta intenzionalmente al male, come egli faceva con tutte le cose, e la lingua degli Orchi fu orrenda e ripugnante e completamente diversa dalle favelle dei Qendi. Morgoth stesso tuttavia padroneggiava tutte le lingue con potenza e bellezza, quando tale era la sua volontà.

Della lingua dei Nani poco ci è noto [Lhammas A: poco mi è noto – i.e. a Rúmil], eccetto che la sua origine è oscura come l’origine stessa della razza nanica; e le loro lingue non sono affini ad altre lingue, ma del tutto estranee, aspre e intricate, e pochi hanno cercato di apprenderle. (Così dice Rúmil nei suoi scritti riguardo alle lingue della terra di un tempo, ma io, Pengolod, ho udito dire da alcuni che Aulë creò prima i Nani, struggendosi per l’arrivo degli Elfi e degli Uomini e volendo qualcuno cui insegnare la sua perizia e saggezza. Ed egli pensava in cuor suo di poter precedere Ilúvatar. Ma i Nani non hanno uno spirito che alberga in loro, come invece lo possiedono Elfi e Uomini, i Figli di Ilúvatar, e questo i Valar non possono conferirlo. Perciò i Nani hanno abilità e perizia, ma non arte, e non creano poesia.

Aulë and the Seven Fathers of Dwarves by Ted Nasmith

[Questo passo fu frettolosamente modificato per essere reso coerente con una specifica del Quenta Silmarillion (1937 ca.):

Ma i Nani derivano il loro pensiero ecc. (vedi Quenta). Perciò le opere dei Nani possiedono grande ingegno e abilità, ma poca bellezza.

Il passo del Quenta cui ci si riferisce è il seguente:

Tuttavia essi traggono pensiero ed essere secondo loro misura da una soltanto delle Potenze, mentre Elfi e Uomini, a chiunque tra i Valar essi soprattutto si volgano, hanno affinità con tutti in una certa misura. Pertanto le opere dei Nani serbano grande maestria, ma poca bellezza, salvo dove esse imitino le arti degli Eldar… ]

Aulë ideò per loro una lingua nuova, perché il suo diletto [è] nell’invenzione, ed essa quindi non è affine alle altre; ed essi l’hanno resa aspra con l’uso. Le loro lingue sono quindi Auliane; e sopravvivono ancora in pochi luoghi con i Nani nella Terra di Mezzo, e inoltre le lingue degli Uomini sono in parte derivate da esse.)

Tuttavia i Nani dell’Ovest e del Beleriand facevano ricorso, per quanto potevano impararla, a una qualche lingua elfica nei loro rapporti con gli Elfi, specialmente quella dell’Ossiriand, che era la regione più prossima alle loro dimore nelle montagne; perché gli Elfi non volevano imparare la lingua nanica.

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Bëor by Turner Mohan

Fin da principio le lingue degli Uomini furono diverse e varie, ma per la maggior parte derivavano remotamente dalla lingua dei Valar. Difatti gli Elfi Scuri, nei vari popoli dei Lembi, fecero amicizia con gli Uomini erranti in diversi tempi e luoghi nelle ere più antiche e li istruirono nelle loro conoscenze. Altri Uomini invece attinsero il loro sapere, in tutto o in parte, da Orchi e Nani; mentre in Occidente, prima di giungere nel Beleriand, le nobili case degli Uomini più antichi appresero dai Danas, o Elfi Verdi. Ma delle parlate più antiche degli Uomini non si conserva nulla, eccetto la lingua del popolo di Bëor, Haleth e Hádor. Ora, la lingua di questo popolo fu profondamente influenzata dagli Elfi Verdi, e anticamente si chiamava Taliska, e tale idioma era ancora noto a Tuor, figlio di Huor, figlio di Gumlin, figlio di Hádor, e fu parzialmente registrata nelle cronache dei saggi di Gondolin, ove Tuor ebbe dimora per qualche tempo. Ma Tuor stesso non adoperava più quella favella, poiché già ai tempi di Gumlin gli Uomini nel Beleriand abbandonarono l’uso quotidiano della loro lingua e parlarono e diedero persino i nomi ai loro figli nella lingua degli Gnomi.

Haleth by Elena Kukanova [Ai tempi del Lhammas e del Quenta Silmarillion degli anni ’30 era un uomo: Haleth il Cacciatore. Nel “Later Quenta” Tolkien modificò la natura del personaggio, e lo trasformò in una donna, ovvero Haleth, figlia del patriarca Haldad e condottiera degli Haladin]

[In Lhammas A la prima parte di questo capitolo è leggermente diversa:

Poiché gli Elfi Scuri […] fecero amicizia con gli Uomini errabondi […] e insegnarono loro ciò che sapevano; e col passare degli anni le svariate lingue degli Uomini si svilupparono da tali inizi, modificate dal tempo, dall’inventiva degli Uomini stessi e dall’influenza di Nani e Orchi. Tuttavia nulla è conservato della più antica parlata degli Uomini, se non [cancellato: alcune parole delle] lingue degli Uomini d’Occidente, che per primi giunsero nel Beleriand e conversarono con gli Elfi, come è riportato negli annali e nei resoconti di questi giorni a opera degli Gnomi. Ora, la lingua delle tre case di Bëor, Haleth e Hador era il Taliska, e tale favella era ancora ricordata da Tuor e registrata dai saggi di Gondolin. Ma Tuor stesso non la adoperava più, perché già prima dei [> nei] giorni di suo padre Huor gli Uomini del Beleriand abbandonarono l’uso quotidiano della loro parlata e adottarono il Noldorin, conservano però alcune parole e nomi.]

Tuttavia, pare che vi fossero altri Uomini rimasti a est degli Eredlindon, che mantennero la propria lingua, e da questa, strettamente affine al Taliska, sono nate, dopo molte ere di cambiamenti, le lingue che perdurano ancora nel Nord della terra. Invece, il popolo bruno di Bor e quello di Uldor il maledetto non appartenevano a quella razza e avevano una parlata diversa, ma essa è andata perduta e non ve n’è altra cronaca se non i nomi di quegli stessi uomini.

[aggiunto rapidamente a matita al termine di questa sezione in Lhammas A:

Tuttavia il Taliska sembra esser stato derivato in gran parte dal Daniano]

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War of Wrath by Firat Solhan on ArtStation

Dalla grande guerra e dal rovesciamento di Morgoth da parte di Fionwë e dalla rovina del Beleriand, che si calcola avvenuta attorno all’anno 397 del Sole, molte ere sono ora passate; e le lingue degli Elfi in declino nelle diverse terre sono mutate oltre ogni riconoscibilità della parentela reciproca o di quella con le lingue di Valinor, eccetto per il fatto che i saggi tra di loro usano ancora il Qenya, il Latino elfico, che permane noto fra loro e per mezzo del quale essi ancora a volte conversano con gli emissari d’Occidente. Molte migliaia di anni [in Lhammas A: 10.000 anni] sono infatti trascorse dalla caduta di Gondolin. Tuttavia, a Tol-eressëa, grazie al potere dei Valar e alla loro misericordia, l’antico è preservato dal dissolversi, e ivi si parla ancora il Noldorin e si rammentano le lingue del Doriath e dell’Ossiriand; e a Valinor fioriscono ancora le amene lingue dei Lindar e dei Teleri; ma i Noldor che fecero ritorno e non andarono in guerra e a patire nel mondo non sono più separati e parlano come i Lindar [Vedi l’Albero delle Lingue, prima versione, il Noldolindarin; seconda versione l’“Eldarin quale è adesso a Valinor”].

Elves leave Middle Earth by Araniart on deviantART

E a Kôr e Tol-eressëa si possono ancora ascoltare e leggere i resoconti e le storie delle cose che accaddero ai tempi degli Alberi e dei Silmaril, prima che questi andassero perduti.

[passo aggiunto al manoscritto:]

I nomi degli Gnomi nel Quenta sono dati nella forma Noldorin, per come quella lingua divenne nel Beleriand, per tutti quelli che vennero dopo Finwë padre dei Noldor, il cui nome permane nella forma antica. Parimenti, tutti i nomi del Beleriand e delle regioni limitrofe (molti dei quali furono concepiti per la prima volta dagli Gnomi) trattati nelle storie sono riportati in Noldorin. Sebbene molti non siano di origine Noldorin e fossero semplicemente adattati alla loro lingua, provengono tuttavia dal Beleriandico, dall’Ossiriandico o dalle lingue degli Uomini. Così dal Beleriandico derivano i nomi Balar e Beleriand, e i nomi Brithombar, Eglorest, Doriath e la maggior parte dei nomi di laghi e fiumi.

***

Abbiamo con questo ultimo capitolo concluso il LHAMMAS, la relazione sulle lingue. Come si è potuto osservare, siamo di fronte a un testo molto atipico, decisamente diverso rispetto alla maggior parte degli altri scritti che compongono la tradizione del “Silmarillion” (solitamente di natura più prettamente narrativa, o al massimo annalistica), che si cimenta in una ricostruzione storico-linguistica certosina, la quale copre l’intero arco evolutivo delle lingue elfiche (e non solo), partendo dall’origine dei Quendi e arrivando fino a quella che allora era considerata la conclusione di questi racconti, ovvero l’epoca successiva alla battaglia finale contro Morgoth.

Ovviamente, essendo stato scritto in concomitanza con il Quenta degli anni ’30, e facendo inizialmente parte, come abbiamo detto, del piano complessivo dell’opera “Silmarillion” così come la considerava Tolkien in quegli anni (e come si evince da una delle versioni del frontespizio per il Quenta Silmarillion), il Lhammas risulta per lo più coerente con quella medesima fase del 𝘓𝘦𝘨𝘦𝘯𝘥𝘢𝘳𝘪𝘶𝘮 (periodo “medio”), e dunque presenta ancora alcune caratteristiche che sarebbero state in seguito modificate o rielaborate ulteriormente, specialmente alcuni dettagli di worldbuilding e nella classificazione dei Quendi. [Vedremo ancor meglio nel prossimo articolo, dedicato al Lammasethen].

In anni successivi, durante la stesura del Signore degli Anelli, come abbiamo ricordato in più istanze, Tolkien avrebbe ripensato ancora una volta la materia dei Giorni Antichi, e modificato leggermente alcuni eventi e riattribuito diversamente alcuni nomi.

Gli Avari per esempio erano destinati a diventare i “Riluttanti” e non, come si legge nel Lhammas, uno dei nomi per indicare “Quelli che partirono”. Questo esempio specifico – e non è l’unico – è uno di quei casi in cui la concezione linguistica evolve di pari passo con quella narrativa, a volte con dietrofront di 180° sul significato dei nomi e sui concetti ad essi correlati. Dedicheremo magari un post alle Etymologies per chiarire questo concetto con esempi ad hoc.

Parlando di cambiamenti ed evoluzione concettuale, la modifica più macroscopica che ai tempi del Lhammas era ancora di là da venire e che, come abbiamo ricordato in questi articoli (1) (2) fu suscitata dalla composizione del Namárië, riguarda la nascita concettuale dei SINDAR e del SINDARIN, il “Grigio-Elfico”. Nel Lhammas, come già nei Racconti Perduti e nei due Quenta (Noldorinwa e Silmarillion), i Noldor (Gnomi) nel loro esilio portano la propria lingua (GNOMICO > NOLDORIN), già distanziatasi e resasi autonoma a Valinor dal Quenya o Latino Elfico (e dal Lindarin > Vanyarin), nel Beleriand e qui questa si ibrida ulteriormente con le lingue elfiche autoctone.

A partire dai testi successivi invece, con Il Signore degli Anelli come discrimine, i Noldor torneranno nel Beleriand portandovi la loro lingua (e questa è il QUENYA, non più il Noldorin), e qui poi essa sarà oggetto di bando da parte di Thingol Re dei Sindar, e dunque il Sindarin sarà adottato per l’uso comune anche dai Noldor esuli, e il Quenya mantenuto esclusivamente come lingua cerimoniale, o dedicata alla scrittura di canti, poesie, e alla stesura di resoconti storici (come viene definita anche nel Lhammas: Parmalambë, la lingua libresca).

Vedremo in futuro le esatte implicazioni di questo shift concettuale, quando analizzeremo alcune parti del testo Quendi ed Eldar, tratto da War of the Jewels, in cui si trovano gli ultimi scritti relativi alla tradizione del “Silmarillion”, redatti tra gli anni ’50 e ’60.

Nel prossimo appuntamento vedremo, come accennato, il LAMMASETHEN. Ovvero un breve testo, che avrebbe dovuto presumibilmente costituire una terza stesura completa del Lhammas, ma fu lasciato incompiuto da Tolkien (che lo aveva contrassegnato come un “abbozzo di una versione corretta”).

Questo testo è il “resoconto più breve di Pengolod”, dunque avrebbe comunque dovuto essere un compendio rispetto a Lhammas A e Lhammas B, e riguardare esclusivamente le lingue elfiche. La differenza principale rispetto agli altri due riguarda l’origine del Quenya, che risulta qui essere una forma di lingua inventata a Valinor (e dunque detta “Valinoreano”), rielaborata a partire dal Valarin, per quanto ammorbidita nei suoni e modificata dagli Elfi, e in seguito utilizzata come lingua comune a tutti gli Elfi, per la conversazione (sia tra gli Elfi che con i Valar) e per la scrittura. Si tratta di un passaggio intermedio, molto interessante da osservare, tra il Qenya e il Quenya (si pronunciano uguali, in ogni caso) così come lo conosciamo dal Signore degli Anelli e come ci viene esposto nelle Appendici E e F.

La complessità dell’avvicendarsi di queste fasi concettuali è qualcosa che abbiamo imparato a conoscere nelle nostre frequentazioni della History of Middle-earth, specialmente quando ci si affaccia sul versante linguistico dell’opera di Tolkien. Tuttavia, lungi dal complicare inutilmente la fruizione di questi testi, analizzare tale complessità può avere una valenza chiarificatrice, renderla accessibile, e fare luce su un processo di invenzione (che era anche un processo di scoperta), che a conti fatti è il cuore del Legendarium tolkieniano e della sua concezione del Mondo Secondario, nonché delle potenzialità del mezzo letterario inteso come sub-creazione.

Tratto dal Lhammas, in La Strada Perduta e Altri Scritti, V volume della Storia della Terra di Mezzo

 

-Rúmil

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