Delle Fonti di Ivrin
Dopo sette giorni di viaggio ecco che il sonno li colse
in una notte stellata quando quasi essi erano giunti 1505
alle terre amate che, in un lontano passato,
Flinding aveva conosciuto. Nel primo mattino
i bianchi dardi del sole che girava
lieti guardarono in basso sulle verdi concavità
e i ridenti declivi che si distendevano davanti a loro. 1510
Là, molteplici tronchi d’antichi faggi
maestosi marciavano, in miriadi di foglie
color ruggine e oro grigiamente radicati,
in foglie traslucide leggermente abbigliati;
con i rami volti in alto, smossi al mattino 1515
dalle ali dei venti che in basso vagavano
su un prato fiorito, alitando profumi
verso il margine luminoso dell’acqua fremente.
Là giunchi e canne le lor cime fruscianti
e foglie pari a lance s’inchinavano tremando, 1520
verdi di luce di sole. Allora fu lieta l’anima
di Flinding il fuggiasco; sul suo volto il mattino
rifulse là d’oro, la chioma sua lucente
dilavata era dal sole. “Destati dalla mestizia,
Túrin Thalion, e dai tormentosi pensieri! 1525
Sul lago di Ivrin v’è un riso ch’è eterno.
Ecco! Fresco e chiaro presso cristalline sorgenti
esso è nutrito senza sosta, dalla bruttura è protetto
da Ylmir il vecchio che nei giorni antichi,
dominatore lui delle acque, la sua bellezza qui foggiò. 1530
Dal remotissimo oceano però spesso giunge
qui il suo messaggio recando la sua magia,
il risanamento dei cuori e la speme e il valore
ai nemici di Bauglir. Amico è Ylmir
il quale solo ricorda nelle Terre dell’Allegria 1535
le traversie degli Gnomi. Qui le acque del Narog
(che nella lingua degli Gnomi è chiamato ‘torrente’)
nascono e con piena letizia balzando su massi,
su erbosi prati rimbalzando con spume spezzate,
verso sud van vorticando, alle sale segrete 1540
del Nargothrond, edificate dagli Gnomi
che alla morte e alla schiavitù nelle pene tremende
di Nirnaith Ornoth in ben scarso numero
sfuggirono illesi. Di là, costeggiando selvaggio
i Monti dei Cacciatori, la dimora di Beren 1545
e della Danzatrice del Doriath, la figlia di Thingol,
rigira e ancor vaga innanzi ai campi dei salici,
la terra di Nan-Tathrin, per diciannove leghe
esso viaggia gioioso per unir poi le sue acque
al Sirion, là a sud. Verso le salse paludi 1550
dove il beccaccino e la gavina e le brezze marine
per prime soffiano e risonano, insieme essi rapidi vanno
scorrendo senza rumore ai luoghi di Ylmir,
dove le acque del Sirion e le onde del mare
mormorando si uniscono. Un margine di sabbia 1555
là si distende e riluce per la lunga luce del sole;
tutto il giorno là con fruscii si muove l’Oceano increspato,
e vociano gli uccelli marini: un solenne conclave,
eserciti dalle bianche ali che tristemente fischiano,
innumerevoli voci che senza fine stridono. 1560
Là ghiaia che scintilla giace sulla riva,
i cui ciottoli pari a perle o a pallide biglie
quando la sera s’infrange la spuma che schizza nel vento
alla luna rilucono, o lamentano e grattano
quando l’Abitatore del Profondo scuote con furia 1565
le acque bianche contro i muri della terra;
quando i cavalieri dai lunghi capelli sui loro cavalli schiumanti
col morso e con la briglia di spuma che soffia,
inghirlandati d’erbe marine e di corde d’alghe
verso il tuono galoppano dell’onda che schianta”. 1570

Il Lai dei Figli di Húrin, vv. 1504-1570, canto III “Failivrin”
tratto da “I Lai del Beleriand”, III volume della Storia della Terra di Mezzo.
-Rúmil