Pipino corse verso la parte bassa della città. Incontrava uomini che fuggivano l’incendio ed alcuni, vista la sua uniforme, si voltavano gridandogli qualcosa, ma egli non vi faceva caso. Finalmente traversò il Secondo Cancello, oltre il quale avvampavano grandi fuochi fra le mura. Eppure tutto sembrava stranamente silenzioso. Non si udivano né rumori, né grida di battaglia, né fragore di armi. Ma ad un tratto vi fu un urlo terrificante, un grande urto e un profondo ed echeggiante rimbombo. Costringendosi ad avanzare nonostante una fitta di paura e di orrore che lo fece quasi crollare in ginocchio, Pipino voltò l’angolo che conduceva all’ampio spiazzo dietro il Cancello della Città. Si fermò come paralizzato. Aveva trovato Gandalf, ma indietreggiò, accasciandosi nell’ombra.
intorno al Cancello la resistenza era ancora massiccia, poiché erano i cavalieri di Dol Amroth ed i soldati più valorosi che lottavano contro gli assalitori. Una fitta pioggia di frecce e proiettili cadeva all’intorno delle mura; le torri d’assedio crollavano o avvampavano all’improvviso come torce. Davanti alla muraglia, da ambedue i lati del Cancello, il terreno era coperto di relitti e di cadaveri; eppure nuovi rinforzi continuavano ad arrivare, in folle impeto d’assalto.
Sopra i monticelli di cadaveri apparve ad un tratto una mostruosa figura: un cavaliere, alto, coperto da un cappuccio e da un manto nero. Avanzava lentamente, calpestando i caduti, noncurante delle frecce. Poi si fermò e levò in alto una lunga e pallida spada. E nel vederlo una grande paura si impadronì di tutti, difensori e nemici; gli uomini lasciarono cadere le braccia lungo i fianchi e nessun dardo sibilò più. Per un momento tutto fu silenzioso.
I tamburi rullavano. Con un’enorme rincorsa Grond venne catapultato avanti da mille enormi mani. Giunse al Cancello. Fu proiettato in avanti. Un profondo rimbombo echeggiò attraverso la Città come tuono fra le nubi. Ma le porte di ferro ed i pali in acciaio resistettero al colpo.
Allora il Capitano Nero si rizzò sulle staffe e urlò con voce spaventosa, pronunciando in qualche ignoto linguaggio parole di potere e di terrore tali da lacerare cuori e rocce.
Urlò tre volte. Tre volte rimbombò il grosso ariete. Ed improvvisamente all’ultimo colpo il Cancello di Gondor cedette. Come colpito da un lacerante maleficio, lo si vide saltare in aria: vi fu un lampo di luce accecante ed i battenti crollarono in terra frantumati in mille pezzi.
Il Signore dei Nazgûl entrò sul suo cavallo. Si ergeva immenso, un’enorme figura nera contro il bagliore degli incendi, una terribile minaccia di disperazione. Il Signore dei Nazgûl si fece avanti, varcando l’arco che mai nemico aveva oltrepassato, e tutti fuggirono innanzi a lui.
Tutti eccetto uno. In attesa, immobile e silenzioso in mezzo allo spiazzo del Cancello, sedeva Gandalf su Ombromanto: Ombromanto, l’unico dei liberi cavalli della terra capace di tollerare il terrore, impassibile, risoluto come un’immagine scolpita a Rath Dinen.
«Non puoi entrare qui», disse Gandalf, e l’enorme ombra si fermò. «Torna negli abissi preparati per te! Torna indietro! Affonda nel nulla che attende te ed il tuo Padrone. Via!».
Il Cavaliere Nero fece scivolare il cappuccio e, meraviglia! portava una corona regale; eppure sotto di essa vi era una testa invisibile, poiché fra la corona e le grandi e scure spalle ammantate brillavano rossi i fuochi. Da una bocca inesistente proruppe un riso micidiale.
«Vecchio pazzo!», disse. «Vecchio pazzo! Questa è la mia ora. Non riconosci la Morte quando la vedi? Muori adesso, e vane siano le tue maledizioni!». E con ciò levò alta la spada e delle fiamme ne percorsero la lama.
Gandalf non si mosse. In quell’istante, lontano in qualche cortile della Città, si udì il canto di un gallo. Era limpido e chiaro, ignorava la magia e la guerra, non faceva che acclamare il mattino che su nel cielo, oltre le ombre di morte, si avvicinava con l’alba.
E come in risposta giunse da lontano un altro suono. Corni, corni e corni. Si udivano fiochi echeggiare nei fianchi del cupo Mindolluin. Grandi corni del Nord che suonavano con forza. Rohan era finalmente arrivato.
Ma non era né un Orco né un brigante colui che dirigeva l’assalto di Gondor. L’oscurità si stava diradando troppo presto, prima della data stabilita dal suo Padrone: la fortuna l’aveva tradito per il momento, e il mondo si era rivoltato contro di lui; la vittoria gli sfuggiva dalle mani proprio mentre egli le allungava per afferrarla. Ma il suo braccio era lungo. Egli era ancora al posto di comando e disponeva di grandi poteri. Re, Schiavo dell’Anello, Signore dei Nazgûl, possedeva molte armi. Abbandonò il Cancello e scomparve.
{ J.R.R. Tolkien, Il Signore degli anelli;
Gandalf vs Witch King artworks by Ted Nasmith and Angus McBride }
-Stella del Vespro