Così Sador parlava a Túrin mentre questi cresceva, e Túrin prese a porre tante domande cui Sador aveva difficoltà a rispondere, ritenendo che altri più vicini al ragazzo avrebbero dovuto fargli scuola. E un giorno Túrin gli chiese: «Davvero Lalaith era simile a una figlia di Elfi, come ha detto mio padre? E che cosa intendeva, dicendo che era meno longeva?». «Molto simile» rispose Sador; «perché nella prima giovinezza i figli degli Uomini e degli Elfi sembrano parenti stretti. Ma i figli degli Uomini crescono più rapidamente, e ben presto la loro giovinezza sfuma. Tale è il nostro destino.» Gli domandò allora Túrin: «Che cos’è il destino?». «Quanto a quello degli Uomini,» rispose Sador «devi chiederne a coloro che sono più sapienti di Labadal. Ma sappi che, come tutti possono vedere, ben presto noi ci stanchiamo e moriamo. Gli Elfi invece non si stancano e non muoiono se non per grandi ferite. Da ferite e dolori che distruggerebbero gli Uomini, essi possono guarire; e v’è chi dice che, anche quando i loro corpi sono corrotti, essi ritornano. Non così noi.» «Dunque, Lalaith tornerà?» volle sapere Túrin. «E dov’è andata?» «Non tornerà» replicò Sador. «Ma dove sia andata, nessuno lo sa. Io, per lo meno, no.» «Ed è sempre stato così? Oppure noi siamo vittime di una maledizione del Re malvagio, qualcosa di simile al Perfido Fiato?» «Lo ignoro. Alle nostre spalle sta una tenebra, dalla quale pochi racconti sono venuti. Può darsi che i padri dei nostri padri avessero qualcosa da narrare, ma non l’hanno fatto. Dimenticati sono persino i loro nomi. I Monti stanno tra noi e la vita da cui essi sono venuti, fuggendo da che cosa nessuno lo sa.»
{J.R.R. Tolkien, Racconti Incompiuti, Il racconto dei figli di Húrin, L’infanzia di Túrin, Ted Nasmith – Lalaith}
-Lúthien Tinúviel