Gli Hobbit si sedettero di nuovo, senza però comunicarsi pensieri e dubbi. Accanto a loro due Uomini erano rimasti di guardia.
Con stupore Frodo si rese conto, ascoltandoli, che parlavano la lingua elfica, o un’altra assai simile; e li guardò meravigliato, perché sapeva che dovevano essere dei Numenoreani del Sud, Uomini della stirpe dei Signori dell’Ovesturia.
Sam trasse un profondo respiro. Ebbene, se tutto è finito io schiaccio un pisolino».
«Dormi finché puoi», disse Mablung. «Ma il Capitano tornerà, se è illeso; e appena tornato partiremo subito. Ci inseguiranno non appena il Nemico sarà messo al corrente della nostra impresa, e non tarderà molto».
«Partite silenziosamente, allora!», disse Sam. «Inutile disturbare il mio sonno. Ho camminato tutta la notte».
Mablung rise. «Non credo che il Capitano ti lascerà qui, Messer Samvise», disse. «Ma vedrai».
A Sam parve di aver dormito solo pochi attimi quando si destò nel tardo pomeriggio, dopo il ritorno di Faramir. Questi aveva portato con sé parecchi Uomini; tutti i superstiti dell’imboscata erano ora radunati sul declivio, qualcosa come due o trecento robusti guerrieri. Sedevano in un ampio semicerchio al centro del quale, per terra, si trovava Faramir, e in piedi innanzi a lui, Frodo. Il Capitano non era soddisfatto del racconto di Frodo su parecchi punti: che ruolo egli avesse nella Compagnia partita da Gran Burrone; perché si fosse separato da Boromir; dove stesse ora andando. In particolare, ritornava spesso al Flagello d’Isildur. Evidentemente capiva che Frodo gli nascondeva qualche fatto di grande importanza.
«Il Flagello d’Isildur doveva destarsi con la venuta del Mezzuomo, questo almeno intendevano dire le parole», disse Faramir. «Se tu dunque sei il Mezzuomo di cui si parla, devi senza dubbio aver portato questo oggetto, qualunque esso sia, al Consiglio di Elrond; e là Boromir l’ha visto. Neghi forse ciò?».
Frodo non rispose. «Vedo!», disse Faramir. «Desidero quindi che tu me ne parli più chiaramente, perché ciò che riguarda Boromir riguarda me. Le antiche leggende narrano che fu la freccia di un Orco a uccidere Isildur. Ma frecce d’Orchi ce ne sono molte, e la vista di una di esse non sarebbe considerata da Boromir di Gondor un segno del Fato. Questo oggetto era affidato a te? E’ nascosto, dici; ma forse lo è perché tu hai deciso di occultarlo».
«No, non ho deciso io», rispose Frodo. «Esso non mi appartiene. Non appartiene ad alcun mortale, sia egli grande o piccolo; tuttavia, se qualcuno potesse reclamarlo, questi sarebbe Aragorn figlio di Arathorn di cui vi parlavo, il capo della nostra Compagnia da Moria a Rauros».
«Perché lui e non Boromir, principe della Città fondata dai figli di Elendil?».
«Perché Aragorn discende in linea diretta da Isildur, il figlio stesso di Elendil. E la spada ch’egli cinge fu la spada di Elendil».
«Boromir era convinto della fondatezza della pretesa», disse Frodo. «Anzi, se Boromir fosse presente, risponderebbe lui a tutte le vostre domande. E poiché si trovava a Rauros parecchi giorni fa, e intendeva allora tornare direttamente nella sua città, al vostro rientro, con ogni probabilità, apprenderete tutto ciò che desiderate sapere. Il mio ruolo nella Compagnia gli era noto, come a tutti gli altri, poiché fu Elrond d’Imladris in persona ad assegnarmelo innanzi all’intero Consiglio. Per adempiere al mio incarico sono giunto in questo paese, ma non ho il diritto di rivelarlo a chi non fa parte della Compagnia. Tuttavia, coloro che pretendono di lottare contro il Nemico farebbero bene a non ostacolarlo».
Il tono di Frodo era fiero, qualunque fosse il sentimento che lo animava, e Sam lo approvò; ma non servì a rassicurare Faramir.
«Bene!», disse. «Mi dici di occuparmi di ciò che mi riguarda, di tornarmene a casa e di lasciarti andare. Boromir racconterà tutto al suo ritorno. Al suo ritorno, dici! Eri tu amico di Boromir?».
Vivida alla mente di Frodo apparve l’immagine dell’assalto di Boromir, e per un attimo l’Hobbit esitò. Gli occhi di Faramir Che lo osservavano si fecero più duri. «Boromir era un valoroso membro della nostra Compagnia», disse infine Frodo. «Sì, io, da parte mia gli ero amico». Faramir sorrise tetro. «Allora ti dispiacerebbe apprendere che Boromir è morto?».
«Mi dispiacerebbe davvero», disse Frodo. Poi vide l’espressione degli occhi di Faramir e vacillò. «Morto?», ripeté. «Volete dire che è morto e che voi lo sapevate? Avete dunque tentato d’intrappolarmi con le parole, prendendovi gioco di me? O state ora cercando di ingannarmi con una vostra invenzione?».
«Non ingannerei neppure un Orco dicendo una menzogna», disse Faramir.
«Com’è dunque morto, e come fate a saperlo? Infatti sostenete che nessun membro della Compagnia era giunto nella vostra città quando voi partiste».
«Quanto alla sua morte, speravo che il suo amico e compagno mi avrebbe saputo dire com’era avvenuta».
«Ma Boromir era vivo e forte quando ci lasciammo. E per quel che ne so è ancora vivo, benché vi siano certo molti pericoli in questo mondo».
«Molti davvero», disse Faramir, «e non ultimo il tradimento».
Sam stava diventando sempre più impaziente e arrabbiato. Queste ultime parole erano più di quanto potesse sopportare e, facendo irruzione in mezzo al semicerchio, si recò a grandi passi al fianco del suo padrone.
«Vi domando scusa, signor Frodo», disse, «ma tutto ciò è durato abbastanza. Non ha alcun diritto di parlarvi in quel modo, dopo tutto quel che avete passato per il bene suo e di questi grandi Uomini come di chiunque altro.
«Ascoltatemi bene, Capitano!». Si piantò davanti a Faramir con le mani sui fianchi, guardandolo come se si fosse rivolto a un giovane Hobbit che, interrogato sulle sue visite nell’orto, avesse risposto con insolenza. Ci furono dei mormorii, ma
anche dei sorrisi sul volto degli Uomini tutt’intorno: la vista del loro Capitano, seduto per terra, a faccia a faccia con un giovane Hobbit fremente di collera e saldamente piantato sulle due gambe era per loro qualcosa di nuovo. «Ascoltatemi bene!», disse. «Che cosa volete concludere? Cerchiamo di arrivare al punto, prima che tutti gli Orchi di Mordor ci piombino addosso! Se credete che il mio padrone abbia assassinato questo Boromir e sia poi scappato, allora non capite nulla; ma ditelo, almeno, e facciamola finita! E poi fateci sapere che cosa intendete fare nei nostri riguardi. Ma è un vero peccato che la gente che parla tanto di lottare contro il Nemico non lasci fare agli altri, a modo loro, quel che hanno da fare. Sarebbe assai felice, Lui, se vi vedesse in questo momento. Crederebbe di essersi fatto un nuovo amico, crederebbe».
«Pazienza!», disse Faramir, senza collera. «Non parlare innanzi al tuo padrone, che ha un’intelligenza più grande della tua. E non ho bisogno di nessuno che m’insegni che siamo in pericolo. Sappi che sto sacrificando un po’ del poco tempo di cui dispongo per giudicare con equità un caso arduo. Fossi stato frettoloso come te, vi avrei già uccisi da parecchio tempo. Ho infatti l’ordine di uccidere chiunque si trovi in questo territorio senza il permesso del Sire di Gondor. Ma non uccido uomo o bestia inutilmente, e mai con piacere, anche se necessario. Inoltre, non parlo invano. Quindi consolati, siediti accanto al tuo padrone e taci!».
Sam si sedette pesantemente, rosso in faccia. Faramir si rivolse nuovamente a Frodo. «Mi hai chiesto come mai so che il figlio di Denethor è morto. Le notizie di morte hanno molte ali. Notte porta spesso nuove ai parenti stretti, si dice.
Boromir era mio fratello».
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli;
Boromir and Faramir artworks by Magali Villeneuve
-Stella del Vespro