Tornarono dunque sui loro passi, prima camminando e poi di corsa; infatti man mano che avanzavano, la galleria saliva sempre più scoscesa, ed ogni passo li allontanava dal lezzo della sotterranea tana e infondeva vigore nel loro cuore e nelle loro membra. Ma l’odio dell’Osservatore li seguiva incessantemente, cieco forse per un attimo, ma invitto e avido di morte.
Partirono di nuovo alla carica, e di nuovo furono respinti.
Sam rise sarcasticamente. «Ragnatele!», esclamò. «Tutto qui? Ragnatele! Ma che ragno! Via, distruggiamole!».
Brandì con la spada un colpo furioso, ma il filo colpito non si ruppe. Cedette leggermente per poi rimbalzare, come la corda di un arco, e lanciare in alto spada e braccio. Tre volte Sam vibrò colpi furibondi, ed infine una sola delle innumerevoli corde scoccò e si contorse sibilando e fendendo l’aria. Una delle estremità sferzò la mano di Sam che urlò di dolore, e balzò indietro portandosi la mano alla bocca.
«Intrappolati proprio alla fine!», disse Sam con voce amareggiata, mentre la collera prendeva di nuovo il sopravvento sulla stanchezza e la disperazione. «Moscerini prigionieri d’una rete. Possa la maledizione di Faramir cadere su Gollum, e al più presto!».
«Ciò non ci aiuterebbe, ora come ora», disse Frodo. «Vieni! Vediamo che cosa sa fare Pungolo. E’ una lama elfica. Vi erano ragnatele d’orrore nelle scure gole di Beleriand ove fu forgiata. Ma tu devi fare la guardia e tener lontani gli occhi. Tieni, prendi la fiala-stella. Non temere. Reggila in alto e sorveglia!».
Allora Frodo si avvicinò alla grande ragnatela e brandì un violento colpo, passando rapida l’affilata lama su di un’infinità di corde tese e poi balzando indietro immediatamente. Il bagliore azzurro le squarciò come una falce nell’erba, ed esse rimbalzarono, si arrotolarono, per poi penzolare giù lasciando un’ampia fessura.
La trappola era aperta.
«Coraggio!», gridò Frodo. «Avanti! Avanti! Il valico, Sam!», «Il valico! Corri, corri, e saremo dall’altra parte prima che ci possano fermare!».
                                                                            Art by Sebastian Giacobino

 

Sam lo seguiva con tutta la velocità di cui erano ancora capaci le sue gambe.
Ignari, ahimè, tanto lui quanto Frodo, del potere di Shelob!
Essa dimorava lì da tempi immemorabili, malefico essere a forma di ragno, lo stesso che anticamente errava nella Terra degli Elfi in quell’Occidente ormai sommerso dal Mare, lo stesso contro il quale lottò Beren nei Monti del Terrore a Doriath. Nessuna storia narra in che modo, fuggendo dalla rovina, Shelob fosse giunta lì: pochi sono i racconti tramandati dagli Anni Oscuri. Eppure era ancora in quel luogo, colei che vi era arrivata prima di Sauron, prima che fosse posta la prima pietra di Barad-dûr; e non serviva altri che se stessa Grande, ultima figlia di Ungoliant, nel tormentare il mondo infelice.
Mai una mosca era sfuggita alla rete di Shelob, e mai come adesso era stata furiosa e affamata.
Sam aveva appena nascosto la luce della Fiala quando Shelob riapparve.
Improvvisamente la sua massa separò Sam dal suo padrone. Forse non vide Sam, forse lo evitò per il momento quale portatore della luce; inseguì invece un’unica preda, Frodo, il quale correva incauto su per il sentiero, privo della sua Fiala, ignaro del pericolo. Correva rapido, ma Shelob era più veloce; pochi balzi e l’avrebbe raggiunto.
Sam raccolse tutto il fiato dei propri polmoni per urlare. «Guardatevi le spalle!», gridò. «Attento, padrone! Sto…», ma la sua voce fu d’un tratto soffocata.
Una lunga mano vischiosa gli chiuse la bocca e un’altra gli afferrò il collo, mentre qualcosa si avvinghiava alle sue gambe. Colto di sorpresa, cadde all’indietro nelle braccia dell’aggressore.
«Preso!», gli sibilò Gollum nell’orecchio. «Infine, tesoro mio, lo abbiamo preso, sssì, il cattivo Hobbit. Noi ci occupiamo di questo. Lei se la vedrà con l’altro. Oh sì, sarà Shelob a prenderlo, non Sméagol: Sméagol ha promesso, non farà male a Padrone. Ma a te ti ha preso, lurido, cattivo, piccolo, infido!». Sputò sul collo di Sam.
Furia per il tradimento e disperazione per il ritardo nel momento in cui il suo padrone correva un pericolo mortale, empirono Sam d’una violenza e d’una forza improvvisa, che mai Gollum avrebbe pensato trovare in quel lento e stupido Hobbit.
Gollum precipitò sulla schiena ed il peso del robusto Hobbit gli piombò sullo stomaco. Sam balzò in piedi roteando veloce verso destra, intorno al polso stretto da Gollum. Afferrando allora il bastone con la mano sinistra, lo levò in aria, vibrando poi una scudisciata sibilante sul braccio che lo teneva prigioniero, poco più in giù del gomito.
Con un urlo Gollum lasciò la presa. Allora Sam si lanciò: senza perdere tempo a cambiare il bastone di mano, brandì un altro terribile colpo.
Rapido come un serpente Gollum sgusciò via. L’Hobbit lo inseguì brandendo la spada. Per un attimo aveva obliato ogni cosa, accecato da una furia cocente e dal desiderio irrefrenabile di uccidere Gollum. Ma questi scomparve prima che riuscisse a raggiungerlo. Allora, in piedi davanti al foro nero, odorando il fetido lezzo, Sam fu colpito come da un fulmine: il pensiero di Frodo e del mostro. In un baleno si voltò, precipitandosi su per il sentiero, chiamando ripetutamente il padrone. Ma era troppo tardi. Il piano di Gollum era riuscito.
Art by John Howe
J.R.R Tolkien, Il Signore degli anelli;
-Stella del Vespro

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