«Sam!», chiamò. «Pipino! Merry! Venite! Perché non mi seguite?». Ma il suo richiamo rimase senza risposta. Fu colto dal panico, e tornò indietro correndo fra le due pietre e gridando disperatamente: «Sam! Sam! Merry! Pipino!». Il cavallo prese la fuga attraverso la nebbia e scomparve. Gli parve di sentire un richiamo giungere da molto lontano: «Ehi! Frodo! Froooodo!». Veniva da est, ossia dalla sua sinistra, mentre in piedi sotto le grandi pietre scrutava invano le infide tenebre. Si lanciò in direzione della voce, e si avvide di doversi inerpicare su per la pendice scoscesa di una collina. Mentre si arrabattava per salire, chiamò una seconda volta, e poi di nuovo, ripetutamente, sempre più costernato e sfinito; per un certo tempo non udì risposta, ma infine, debole, lontanissimo e dall’alto giunse un urlo. «Frodo! Frooooodo!», strillavano le voci affogate dalla nebbia. E poi un grido come aiuto! aiuto! aiuto! ripetuto più volte, che finì con un ultimo aiuto! seguito da un lungo lamento interrotto bruscamente. Si precipitò inciampando e cadendo verso le grida con tutta la rapidità che le sue gambe spossate gli consentivano; ma la luce se n’era ormai andata del tutto, e la notte cupa lo intrappolava, stringendolo come in una morsa: era assolutamente impossibile orientarsi. Gli sembrava di scalare, salire, inciampare all’infinito. La diversa pendenza del terreno sotto i suoi piedi fu l’unico indizio a segnalargli di essere finalmente giunto sulla sommità del colle o della cresta. Era sfinito e sudava, pur sentendosi congelato. Il buio era pesto.
{J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Nebbia sui Tumulilande, Tunnel in The Woods Foto di Matthew Dartford su flickr}
-Lúthien Tinúviel