Ma Théoden non era del tutto abbandonato. I cavalieri della sua scorta giacevano morti intorno a lui, o venivano trascinati via dall’irresistibile follia dei cavalli. Tuttavia ne rimaneva uno accanto a lui: il giovane Dernhelm, fedele nonostante la paura; e piangeva, poiché amava il suo signore come un padre. Durante tutta la carica aveva portato sano e salvo Merry dietro di sé, fino all’arrivo dell’Ombra. Allora Windfola li aveva gettati in terra in preda al terrore, mettendosi a correre imbizzarrito per la pianura. Merry strisciava carponi ed era invaso da un tale orrore che si sentiva cieco e malato. 
«Uomo del re! Uomo del re!», gridava il suo cuore dentro di lui. «Devi rimanergli accanto. Sarai per me come un padre, gli dicesti». 
Ma poi nel buio della mente gli parve di udire la voce di Dernhelm; eppure ora suonava in modo strano, rammentandogli un’altra voce già udita in passato. 
«Vattene, orrido dwimmerlaik, signore delle carogne! Lascia in pace i morti!». 
«Non metterti fra il Nazgûl e la sua preda! Rischieresti non di venire ucciso a tua volta, ma di essere portato via dal Nazgûl e condotto alle case del lamento al di là di ogni tenebra, ove la tua carne verrà divorata e la tua mente raggrinzita verrà esposta nuda all’Occhio Senza Palpebre».
Gli sembrò che Dernhelm ridesse, e la sua limpida voce era come una vibrazione d’acciaio. «Ma io non sono un uomo vivente! Stai guardando una donna. Éowyn io sono, figlia di Éomund. Tu ti ergi fra me e il mio signore dello stesso mio sangue. Vattene, se non sei immortale! Viva o morente ti trafiggerò, se lo tocchi». Lo stupore sopraffece per un attimo la paura di Merry. Egli aprì gli occhi e l’oscurità scomparve. A pochi passi da lui sedeva la grossa bestia, e intorno ad essa tutto sembrava buio, e su di essa si ergeva il Signore dei Nazgûl come un’ombra di disperazione. Leggermente più a sinistra, di fronte alla bestia, era colei ch’egli aveva chiamato Dernhelm. Ma l’elmo che nascondeva il suo segreto era caduto e i luminosi capelli sciolti sulle spalle brillavano come pallido oro. I suoi occhi grigi come il mare erano duri e spietati, benché sulla sua guancia scorressero delle lacrime. Reggeva in mano una spada, difendendosi con lo scudo contro gli spaventosi occhi del nemico. Era dunque Éowyn e Dernhelm al tempo stesso. Nella mente di Merry apparve nuovamente il ricordo del volto che aveva veduto partendo da Dunclivo: il volto di chi ormai senza speranza parte in cerca della morte. Il suo cuore si empì di pietà e di meraviglia, e ad un tratto il coraggio della sua razza, lento a sorgere, si destò. Strinse i pugni. Éowyn non doveva morire, così bella, così disperata! O comunque non doveva morire sola, senza aiuto. 
Lo scudo di Éowyn andò in mille frantumi e il suo braccio si ruppe; ella cadde in ginocchio. Il Nazgûl si curvò su di lei sovrastandola come una nube, e i suoi occhi scintillavano; alzò di nuovo la mazza, pronto a uccidere. 
Ma all’improvviso anch’egli cadde in avanti con un terribile urlo di dolore, mancando il colpo e affondando la mazza nel terreno. La spada di Merry l’aveva trafitto alle spalle, squarciando il nero manto e la cotta di maglia, e colpendo il tendine del suo possente ginocchio. 
«Éowyn! Éowyn!», gridò Merry. Ed ella, barcollando e cercando di alzarsi in piedi, raccolse tutte le forze che le rimanevano e infilò la spada fra la corona e il manto, mentre le grandi spalle si chinavano su di lei. La spada si ruppe in mille pezzi. La corona rotolò con fragore. Éowyn cadde in avanti sul corpo del nemico abbattuto. Ma stranamente il manto e la cotta di maglia erano vuoti. Giacevano per terra informi, laceri e ammonticchiati; un urlo si levò nell’aria vibrante, spegnendosi con una nota acuta, un lacerante lamento che scomparve con il vento, una voce senza corpo che si estinse e fu inghiottita e non si udì mai più in quell’era del mondo.

 

 

qui trovi l’approfondimento sulla spada di Merry che permise la sconfitta del Re Stregone: Lama dell’Ovesturia

{J.R.R. Tolkien, Il Signore degli anelli;

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-Stella del Vespro

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