I Nani e Bilbo esplosero in grida d’incitamento. La collera dei lupi era terribile a vedersi e il tumulto che fecero risuonò per tutta la foresta. Da sempre i lupi hanno paura del fuoco, ma questo era un fuoco particolarmente orribile e soprannaturale: se una scintilla arrivava a colpirne la pelliccia, vi si attaccava e vi scavava una ferita bruciante, e a meno che i lupi non si rotolassero in fretta per terra erano presto divorati dalle fiamme. In brevissimo tempo per tutta la radura c’erano lupi che si rotolavano per scuotersi le scintille dalla schiena, mentre quelli che bruciavano correvano attorno ululando e incendiandone altri, finché i loro stessi compagni non li misero in fuga ed essi si dileguarono giù per la discesa gridando e urlando in cerca di acqua*.
*Tolkien spiegava al figlio Michael che «l’episodio dei wargs è derivato in parte da un brano del Black Douglas [Douglas il Nero] di S.R. Crockett, probabilmente il suo miglior romanzo e, comunque, un libro che mi colpì profondamente quando andavo a scuola, benché non l’abbia mai più ripreso in mano» (Lettere, n° 306).
La scena è senza dubbio «La Battaglia dei Lupi Mannari» in cui tre uomini (James Douglas, Sholto MacKim e suo padre Malise), dopo essere appena fuggiti dalla casa della strega La Meffraye, vengono assediati da un branco di lupi mannari in una radura di un bosco di pini:
«Urli e latrati simili a quelli dei demoni trionfanti arrivavano alle loro orecchie portati dal vento dell’ovest. Quei suoni si facevano sempre più vicini e ben presto dalle cupe ombre della foresta sgusciarono sagome indefinibili … Occhi luccicanti li fissavano mentre i lupi trotterellavano fuori e sedevano in un ampio cerchio per aspettare che l’intero branco si radunasse prima di avventarsi contro la loro preda… Sholto notò in modo speciale una lupa gigantesca che sembrava apparisse dappertutto e dava l’impressione di voler aizzare e incoraggiare la muta all’attacco.
«Fuochi fatui guizzavano al di là delle sagome nerissime degli alberi fitti, di modo che le loro cime spiccavano contro il cielo pallido come se fossero scolpite nell’avorio. Poi la notte tornò ancora più buia di prima. Mentre quel tacito lampeggiare palpitava e accentuava la sua luce, si ebbe l’impressione che le ombre dei lupi avanzassero e poi indietreggiassero, mentre il frastuono dei loro ululati riusciva a dare la diabolica impressione di un coro discorde di voci umane.
«”La Meffraye! La Meffraye! La Meffraye!”….
«”Sarà meglio cercare un albero sul quale arrampicarci” bofonchiò saggiamente Malise, ma il suo suggerimento arrivò troppo tardi. Infatti non ebbero il coraggio di muoversi e uscire all’aperto e il grande tronco del pino rinsecchito dietro di loro era quasi completamente privo di rami fino in alto.»
I lupi mannari finalmente li attaccano e, dopo una lunga battaglia illuminata nella notte dall’improvviso balenare dei lampi, essi si ritirano oltre la linea dei cadaveri dei loro compagni e i tre uomini sono vittoriosi. La fine della scena (e del capitolo) è simile alla conclusione del capitolo «L’Assedio di Gondor» nel Signore degli Anelli con l’apparizione, al sorgere del giorno, di un simbolo di speranza dopo una lunga notte buia:
«Gli ululati cessarono e calò un silenzio. Lord James stava per parlare.
«”Silenzio!” disse Malise solennemente.
«E in lontananza come un’eco che giungesse da un altro mondo, esile, gradevole e argentino, si levò il canto di un gallo.
«L’azzurro balenìo del lampo si spense bruscamente. L’alba si disegnò rosseggiante nel cielo. I mucchi di animali morti spiccavano neri sul terreno grigio della radura e sul ramo più alto di un pino un tordo cominciò a cantare».
{J. R. R. Tolkien, Lo Hobbit, Dalla Padella alla Brace, Howling of Wargs by Art of Monztre on ArtStation}
-Ancalagon