Lo Hobbit schizzò quasi fuori dalla pelle quando il sibilo gli giunse alle orecchie, e improvvisamente vide quegli occhi pallidi che sporgevano verso di lui. «Chi sei?» disse, piantandogli la spada davanti.
«Che cosa sssarà tesssoro mio?» sussurrò Gollum (che si rivolgeva sempre a se stesso, non avendo mai nessun altro con cui parlare). Proprio per scoprire questo era venuto, poiché al momento, in verità, non aveva molta fame, solo curiosità; altrimenti avrebbe prima ghermito e poi sussurrato.
«Sono il signor Bilbo Baggins. Ho perso i Nani, ho perso lo Stregone e non so dove sono; né m’importa di saperlo, se solo riesco a uscire di qui».
«Che cosss’ha in mano?» disse Gollum, guardando la spada, che non gli piaceva affatto.
«Una spada, una lama che fu forgiata a Gondolin!».
«Ssss!» disse Gollum, e si fece educatissimo. «Forse dovremmo sederci qui e chiacchierare un pochettino, tesssoro mio. Gli enigmi gli piacciono, forse gli piacciono, non è vero?»*.
*Nel 1938 Tolkien scriveva a proposito degli enigmi usati nell’Hobbit: <<Anche qui c’è da scoprire le loro fonti ed eventuali analogie. Non sarei affatto sorpreso di venire a sapere che la pretesa dello Hobbit e di Gollum di averli inventati sia illegittima>> (La realtà … cit., lettera 25).
{J. R. R. Tolkien, Lo Hobbit, Indovinelli nell’Oscurità, GOLLUM AND BILBO BY RANDY BERRETT}
-Ancalagon