Ma Shelob non era come i draghi, e non possedeva altro punto delicato che gli occhi. Piena di fossi, di bozzi e di putridume era la sua vecchissima pelle, ma protetta all’interno da innumerevoli spessori di orrendi tumori. La lama aprì un terribile squarcio, ma era impossibile trafiggere quelle coriacee pieghe, anche con una spada forgiata da Elfi o da Nani e brandita dalla mano di Beren o di Tulin.
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 L’impresa fu assai ardua, ma portata a compimento. I bagagli vennero tolti dalle barche e posati in cima all’argine, su uno spazio piano. Quindi le imbarcazioni furono tirate fuori dall’acqua. Erano molto meno pesanti di quanto non pensassero. Persino Legolas ignorava da quale albero dei boschi elfici fossero state ricavate: il legno era robusto eppure stranamente leggero.
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 Disturbata nel suo sogno gongolante dal piccolo grido, Shelob volse lentamente l’immonda malvagità del suo sguardo verso di lui. Ma prima che si accorgesse di essere assalita da un furore ineguagliato nel corso dei lunghi anni passati, la lucente spada le morse il piede, amputandone l’artiglio.
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 Frodo guardò col cuore pesante Aragorn e Legolas arrampicarsi sulla ripida sponda e scomparire nella nebbia; ma i suoi timori erano infondati. Trascorsero appena una o due ore e, giunto da poco il meriggio, egli vide di nuovo apparire le figure indistinte degli esploratori.
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 Frodo giaceva supino per terra, e il mostro era chino su di lui, sì intento al lavoro che non fece caso a Sam e alle sue grida. Questi, arrivando di corsa, vide il padrone legato da corde che lo avvolgevano dalle spalle alle caviglie; il mostro stava incominciando a sollevarlo con gli arti anteriori, nel tentativo di trascinare seco il corpo.
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 Sorprendere dalle spalle era un vecchio trucco di Gollum, raramente fallito. Ma questa volta, sopraffatto dagli antichi rancori, aveva commesso l’errore di parlare e gongolare prima di aver ben salda fra le due mani la gola della vittima. Tutto il suo bel piano era andato male dal momento in cui, nel più fitto dell’oscurità, era apparsa inattesa quella orribile luce.
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 Il giorno avanzava, e la nebbia si era leggermente diradata. Fu stabilito che Aragorn e Legolas andassero immediatamente in avanscoperta lungo la riva, mentre gli altri li avrebbero aspettati nelle imbarcazioni. Aragorn sperava di trovare qualche sentiero che permettesse loro di portare sia le barche che i bagagli nelle acque più calme ai piedi delle Rapide.
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 Poiché non si aspettava nemmeno un così semplice stratagemma da parte di Sam, Gollum precipitò sulla schiena ed il peso del robusto Hobbit gli piombò sullo stomaco. Emise un acuto sibilo e per un attimo allentò la presa intorno al collo di Sam, stringendogli però sempre freneticamente la mano destra.
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 Boromir lottò a lungo contro quella presa di posizione; ma quando si accorse palesemente che Frodo avrebbe seguito Aragorn ovunque, si diede per vinto. «Non è abitudine degli Uomini di Minas Tirith abbandonare gli amici nel bisogno», disse, «ed avrete bisogno della mia forza, se volete raggiungere il Roccarebbio.
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 Furia per il tradimento e disperazione per il ritardo nel momento in cui il suo padrone correva un pericolo mortale, empirono Sam d’una violenza e d’una forza improvvisa, che mai Gollum avrebbe pensato trovare in quel lento e stupido Hobbit. Gollum stesso non si sarebbe svincolato con maggiore rapidità e furore.
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