Mi sento responsabile verso di lui

 «Farò una sorpresa a tutti» pensò, mentre si calava lentamente tra i cespugli sull’orlo del canalone. Gandalf stava litigando coi Nani. Stavano discutendo di tutto quello che era loro successo nei tunnel, e si chiedevano e dibattevano cosa dovessero fare ora.
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tradizioni nella Contea

 In the Red Book it is said that No. 5 was made by Bilbo, and No. 7 by Sam Gamgee. No. 8 is marked SG, and the ascription may be accepted. No. 12 is also marked SG, though at most Sam can only have touched up an older piece of the comic bestiary lore of which Hobbits appear to have been fond.
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vide una testa con un cappuccio rosso: era Balin

 Girovagò ancora fuori dalla piccola valle elevata, l’oltrepassò e scese giù per la china, dall’altra parte; ma per tutto il tempo un pensiero molto sgradevole ingigantiva dentro di lui. Si chiedeva se, ora che aveva l’anello magico, non dovesse tornare indietro in quegli orribili tunnel a cercare i suoi amici.
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Vorrei solo sapere dove sono andati a finire Gandalf e i Nani!

 Bilbo era sfuggito agli Orchi, ma non sapeva dove si trovava. Aveva perso cappuccio, mantello, cibo, pony, bottoni e amici. Continuò a girovagare, finché il sole cominciò a tramontare a ovest – dietro le montagne. Queste proiettavano la loro ombra sul suo cammino, ed egli dapprima si guardò indietro, poi guardò avanti, e poté vedere di fronte a sé solamente giogaie e pendii che degradavano verso bassipiani e pianure intraviste qua e là tra gli alberi.
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Bilbo ce l’aveva fatta

 A Bilbo balzò il cuore in gola. Dette uno strattone terribile: i bottoni schizzarono in tutte le direzioni. Era riuscito a passare. Strappando giacca e panciotto, balzò giù per i gradini come una capra, mentre gli Orchi sconcertati raccoglievano sulla soglia i suoi bei bottoni d’ottone.
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C’è qualcuno fuori!

 Un Orco l’aveva quasi chiusa, ma un po’ di spazio restava ancora. Bilbo si sforzò ma non riuscì a muoverla. Cercò di infilarsi attraverso la fessura. Pigiò, pigiò, e rimase incastrato! Era una cosa tremenda. I bottoni gli si erano impigliati tra lo spigolo e lo stipite della porta.
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devo arrivare alla porta!

 «Devo arrivare alla porta, devo arrivare alla porta!» continuava a ripetersi, ma passò un bel po’ di tempo prima che si azzardasse a tentare. Allora fu come un orribile gioco a mosca cieca. Il posto era pieno di Orchi che correvano tutt’intorno, e il povero piccolo Hobbit si scansò di qua e di là, venne colpito da un Orco che non riuscì a capire contro che cosa avesse urtato, sgattaiolò a quattro zampe, scivolò appena in tempo tra le gambe del capitano, si rialzò e corse alla porta.
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Ci fu un terribile clamore

 I fischietti fischiarono, le armature cozzarono, le spade risuonarono, gli Orchi imprecarono e bestemmiarono, e corsero di qua e di là, cadendo l’uno sull’altro e infuriandosi più che mai. Ci fu un terribile clamore, scompiglio e tumulto.
 Bilbo era spaventato da morire, ma ebbe il buon senso di capire cos’era successo e di strisciare dietro a una grossa botte, in modo da togliersi di mezzo ed evitare che lo urtassero, lo calpestassero a morte o lo catturassero al tatto.
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Attenti alla porta!

 Uno spasimo di paura e un senso di perdita, come un’eco dell’infelicità di Gollum, colpirono Bilbo che, dimenticando perfino di sfoderare la spada, si ficcò la mano in tasca. L’anello c’era ancora, e gli si infilò al dito. Gli Orchi si fermarono di botto.
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l’ultimo tiro giocato dall’anello

 Arrancando alla massima velocità consentitagli dalle sue gambette superò l’ultima curva e arrivò in uno spazio aperto, dove la luce, dopo tutto quel tempo passato al buio, gli sembrò così vivida da abbagliare. In realtà si trattava soltanto di un raggio di sole che penetrava nell’ingresso, dove un grosso portone, un portone di pietra, era stato lasciato socchiuso.
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