Bilbo ce l’aveva fatta

 A Bilbo balzò il cuore in gola. Dette uno strattone terribile: i bottoni schizzarono in tutte le direzioni. Era riuscito a passare. Strappando giacca e panciotto, balzò giù per i gradini come una capra, mentre gli Orchi sconcertati raccoglievano sulla soglia i suoi bei bottoni d’ottone.
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C’è qualcuno fuori!

 Un Orco l’aveva quasi chiusa, ma un po’ di spazio restava ancora. Bilbo si sforzò ma non riuscì a muoverla. Cercò di infilarsi attraverso la fessura. Pigiò, pigiò, e rimase incastrato! Era una cosa tremenda. I bottoni gli si erano impigliati tra lo spigolo e lo stipite della porta.
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devo arrivare alla porta!

 «Devo arrivare alla porta, devo arrivare alla porta!» continuava a ripetersi, ma passò un bel po’ di tempo prima che si azzardasse a tentare. Allora fu come un orribile gioco a mosca cieca. Il posto era pieno di Orchi che correvano tutt’intorno, e il povero piccolo Hobbit si scansò di qua e di là, venne colpito da un Orco che non riuscì a capire contro che cosa avesse urtato, sgattaiolò a quattro zampe, scivolò appena in tempo tra le gambe del capitano, si rialzò e corse alla porta.
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Ci fu un terribile clamore

 I fischietti fischiarono, le armature cozzarono, le spade risuonarono, gli Orchi imprecarono e bestemmiarono, e corsero di qua e di là, cadendo l’uno sull’altro e infuriandosi più che mai. Ci fu un terribile clamore, scompiglio e tumulto.
 Bilbo era spaventato da morire, ma ebbe il buon senso di capire cos’era successo e di strisciare dietro a una grossa botte, in modo da togliersi di mezzo ed evitare che lo urtassero, lo calpestassero a morte o lo catturassero al tatto.
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Attenti alla porta!

 Uno spasimo di paura e un senso di perdita, come un’eco dell’infelicità di Gollum, colpirono Bilbo che, dimenticando perfino di sfoderare la spada, si ficcò la mano in tasca. L’anello c’era ancora, e gli si infilò al dito. Gli Orchi si fermarono di botto.
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l’ultimo tiro giocato dall’anello

 Arrancando alla massima velocità consentitagli dalle sue gambette superò l’ultima curva e arrivò in uno spazio aperto, dove la luce, dopo tutto quel tempo passato al buio, gli sembrò così vivida da abbagliare. In realtà si trattava soltanto di un raggio di sole che penetrava nell’ingresso, dove un grosso portone, un portone di pietra, era stato lasciato socchiuso.
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alla fine del breve pendio, egli vide un filo di luce.

 Il passaggio era basso e fatto alla bell’e meglio. Non era troppo difficile per lo Hobbit, tranne quando i suoi poveri piedi urtarono di nuovo varie volte, benché facesse molta attenzione, contro le pietre appuntite che sporgevano dal terreno. «Un po’ basso per degli Orchi, per quelli grossi almeno» pensò Bilbo, non sapendo che perfino quelli grossi, gli Orchi delle montagne, potevano avanzare a gran velocità curvi fin quasi a toccare terra con le mani.
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Ladro, ladro, ladro! Baggins!

 Gollum si voltò di scatto levandosi mentre lo Hobbit volava sopra di lui, ma troppo tardi: i suoi artigli non afferrarono che aria, e Bilbo, ricadendo agilmente sui suoi solidi piedi, si precipitò di corsa giù per il nuovo tunnel. Non si girò a guardare cosa stesse facendo Gollum.
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pietà mista a orrore

 Bilbo smise quasi di respirare e si irrigidì anche lui. Era disperato. Doveva andarsene da quell’oscurità orribile, mentre gli rimaneva ancora un po’ di forza. Doveva combattere. Doveva pugnalare quel pazzo, cavargli gli occhi, ucciderlo. Voleva ucciderlo. No, non era un combattimento leale.
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ma adesso stava in guardia

 Bilbo si allontanò strisciando dalla parete, più silenzioso di un topo; ma Gollum si irrigidì immediatamente, fiutò l’aria e i suoi occhi divennero verdi. Sibilò piano ma minacciosamente. Non poteva vedere lo Hobbit, ma adesso stava in guardia, e aveva altri sensi che il buio aveva affinato: l’udito e l’olfatto.
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