Non sono affari suoi, no, gollum!

 «Nessun rischio, proprio così» sussurrò tra sé e sé. «Non ci vedrà, non è vero, tesoro mio? No. Non ci vedrà, e la sua odiosa piccola spada sarà inutile, sì, proprio».
 Queste erano le idee che passavano per la sua testolina malvagia, quando improvvisamente scivolò via dal fianco di Bilbo, e risalì sulla barca e se ne andò al buio.
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voleva qualcosa di più tenero

 All’inizio Gollum lo portava al dito, finché il dito non gli si stancò; poi lo conservò in un sacchetto a contatto della pelle, finché la pelle non gli si irritò; e ora di solito lo teneva nascosto in un buco della roccia sul suo isolotto, e tornava sempre indietro a guardarlo.
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Forse neanche il Signore che li dominava avrebbe potuto dirlo

 «Il mio regalo di compleanno!» sussurrò tra sé e sé, come faceva spesso negli oscuri giorni senza fine. «Ecco che cosa ci serve adesso, sì: ci serve!».
 Gli serviva perché era un anello magico, e se uno se lo infilava al dito diventava invisibile; solo in pieno sole si poteva esser visti e d’altronde solo a causa della propria ombra, che sarebbe stata vaga e indistinta.
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un anello prezioso, un tesoro

 «Allora spicciati!» disse Bilbo, sollevato al pensiero che Gollum si allontanasse. Pensò che stesse solo cercando un pretesto e che non avesse intenzione di ritornare. Di che cosa stava parlando Gollum? Quali potevano essere le cose utili che teneva da parte sul lago oscuro?
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Ogni promessa è debito

 Ma ad ogni modo Gollum non lo attaccò subito. Poteva vedere la spada in mano a Bilbo. Sedeva fermo, rabbrividendo e sussurrando. Alla fine Bilbo non poté aspettare oltre.
 «Be’?» disse. «E la tua promessa? Voglio andarmene e tu devi mostrarmi la via».
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il gioco degli indovinelli era sacro

 Naturalmente sapeva che il gioco degli indovinelli era sacro ed estremamente antico*, e che perfino le creature più malvagie avevano timore di imbrogliare quando ci giocavano. Ma sentì che non poteva fidarsi della parola data da quel coso viscido, qualora esso si trovasse nelle peste.
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Il tempo è scaduto!

 Adesso Gollum era in uno stato tremendo, molto peggiore di quando Bilbo gli aveva fatto la domanda sulle uova. Sibilò e farfugliò, si dondolò avanti e indietro, batté i piedi a terra, si contorse e si dimenò; ma ancora non osava sprecare la sua ultima risposta.
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Ultima risposta!

 Rendendosi conto di quanto era successo e non avendo niente di meglio da chiedere, Bilbo insistette nella sua domanda: «Che cos’ho in tasca?» disse a voce più alta.
 «Sss!» sibilò Gollum. «Deve farci dare tre risssposte, tesssoro mio, tre risssposte!».
 «Benissimo!
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Non vale! Non vale!

 Bilbo si diede schiaffi e pizzichi; si afferrò alla sua piccola spada; cercò perfino in tasca con l’altra mano e vi trovò l’anello che aveva raccolto per terra nel tunnel e di cui si era dimenticato.
 «Che cos’ho in tasca?» disse ad alta voce.
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Domanda! Domanda!

 Gollum fu deluso una volta di più; e ora cominciava ad arrabbiarsi veramente e a stancarsi del gioco, che gli aveva fatto venire una fame tremenda. Si sedette al buio vicino a Bilbo. Ciò mise lo Hobbit terribilmente a disagio e mentalmente sottosopra.
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