Illustrazione di Tolkien delle Porte di Durin, inclusa nella Compagnia dell’Anello
In cima, nel punto più alto che Gandalf potesse raggiungere, vi era un arco sul quale erano incise in un carattere elfico lettere intrecciate.
“Cosa dice l’iscrizione?”, chiese Frodo, che stava cercando di decrifrare la scritta sull’arco. “Credevo di conoscere i caratteri elfici, ma questi non li so leggere”.
“Le parole sono nella lingua elfica in uso nei Tempi Remoti nell’Ovest della Terra di Mezzo”, rispose Gandalf. “Ma non dicono nulla di importante per noi. Dicono soltanto: Le Porte di Durin, Signore di Moria. Di’, amico, ed entra. E sotto vi è scritto, in caratteri piccoli e pallidi: Io, Narvi, le feci. Celebrimbordell’Agrifogliere tracciò questi segni”.
“Cosa significa: Di’, amico, ed entra?” chiese Merry.
“È abbastanza semplice”, disse Gimli. “Se siete amici, dite il lasciapassare, e le porte si apriranno, permettendovi di entrare”.
Didascalia:
Qui è scritto in caratteri Feänoriani, secondo la maniera del Beleriand: Ennyn Durin Aran Moria: pedo mellon a minno. Im Narvi hain echant: Celebrimbor o Eregion teithant i thiw hin.
Una delle scene più memorabili e iconiche del Signore degli Anelli, come ormai non dovrebbe più sorprenderci, ha come fulcro la decifrazione e interpretazione di un testo in lingua Elfica, in questo caso il Sindarin della Seconda Era (definita genericamente da Gandalf “Tempi Remoti”, termine che i personaggi di Tolkien utilizzano spesso per riferirsi alle prime due Ere di Arda).
Senza ulteriori indugi riporto di seguito una sintesi delle note di WPP su questo brano (traduzione mia dall’inglese):
S Ennyn [Durin] Aran Moria. Pedo mellon a minno! Im [Narvi] hain echant. Celebrimbor o Eregion teithant i thîw hin.
S Ennyn, pl. di annon, grande porta o cancello. […]
¶ Le parole per porta, cancello, annō, annon(d)- sono derivate da √ANA “a” e significano originariamente ingressi, accessi. Cfr. Q ando. Del tutto diverso è anad- “lungo”, Q andā, il S. ann/and èraro eccetto che in antiche parole o nomi come anduin, Q anduine. […]
S aran, re (letteralmente, persona alta o nobile), pl. erain. […]
S Moria “Abisso Nero”, nome Sindarin di Khadad-dûm. […]
S Pedo, imperativo di ped- “dire” (Q quĕt-).
¶ La o dell’“imperativo” Sindarin è frutto di un’agglutinazione dell’esclamazione ā! riscontrata separatamente in Quenya prima o dopo la nuda radice temporale, quando usata “imperativamente”.
[…][“ā la particella imperativa, essendo originariamente indipendente e variabile nella posizione, è sopravvissuta in Sindarin come ō > o, sebbene questa adesso segua sempre la radice verbale e sia diventata un’inflessione”.][…]
S mellon “amico” [< melnā; > meldā, Q melda “caro, amato”, S mell: √MEL- “amore”]. […]
Illustrazione preparatoria delle Porte di Durin (Marquette University MS. Tolkien, 3/3/10)
S a “e” [numerose versioni scartate di ricostruzioni etimologiche della congiunzione Sindarin]
¶ L’Antico Sindarin aveva ath. S a/að aveva mutazione blanda ma con ath prima di h- < s. Il Sindarin Tardo ha a- in tutti i casi. […]
S minno, imperativo di minna- “entrare dentro, entrare” [√MI-, in]. […]
S im, nominativo enfatico assoluto della 1ª persona sing. “Io, io stesso”.
Cfr. Antico Q imne. In Im non è chiaro se m [rappresenti la desinenza] della 1ª persona sing. o della forma riflessiva singolare. […]
S hain < hein (pl. di han “quello”), quelli, loro, le cose precedentemente menzionate. [(pl. di hin), questi >> (pl. di han “quello”).] […]
S echant, foggiato e costruito, letteralmente “modellato da” < et-kantē, foggia, forma, per edagant. […]
S Celebrimbor, nome Sindarin di un famoso fabbro, il Signore degli Elfi dell’Eregion; fu il sovrano del reame Elfico al tempo della forgiatura degli Anelli: vd. App. B, III p. 364. Celebrimbor è < Celebrin-baur “pugno d’argento”: celebrin, agg. da celeb “argento” (non implicando “fatto d’argento” ma “simile all’argento” nel colore o nel valore); paur, pugno < kwārē [√KWĂR-, strizzare, serrare] = Q quáre “pugno”. L’equivalente Quenya era Telpinquar, o Telperinquar. […]
S o “da, di”. […] [In Antico Sindarin o aveva la forma od prima di vocale.]
S Eregion “Agrifogliere”. S ereg “agrifoglio”. Sul suffisso regionale -ion, vedi Nanduhirion, I 296. Questa terminazione, originariamente una forma finale dell’agg. iaun (grande, esteso, ampio) era molto usata nel Tardo Sindarin nei nomi regionali, con piccole differenze rispetto al più antico ian(d), come Beleriand, o il plurale -iend, ien (spesso usato per una singola regione variegata: come Anórien, Ithilien). In nomi più antichi era di solito applicata solo a una singola caratteristica di vastità, come in Sirion “il Grande Fiume”. […] [digressione sull’origine dei toponimi]
S teithant, tempo passato di teitha- “tracciare caratteri o segni, scrivere, inscrivere” < teith, taith “un segno, simbolo, carattere” = Q tehta. […]
S i thiw hin (le lettere queste) = queste lettere, pl. di i dew hen “questa lettera”: tew, pl. tiw, lettera = Q tengwa. […]
Password Into Moria by Ted Nasmith, Tolkien Calendar, Luglio 1996
Come sempre, la quantità di considerazioni che si potrebbero fare a partire da queste note è soverchiante. Come detto la scorsa volta, il Sindarin presenta una grammatica più semplice del Quenya, ma i fenomeni di mutazione che intervengono a mutare qualitativamente vocali e consonanti a seconda della posizione logica nella proposizione, della declinazione di plurali, della giustapposizione di morfemi, lo rendono decisamente più complesso da districare da un punto di vista morfologico.
Una cosa curiosa che possiamo qui notare, a proposito della maggiore immediatezza delle soluzioni grammaticali, è la costruzione genitiva (Ennyn Durin /Aran Moria): “Durin” e “Moria” sarebbero in teoria complementi di specificazione, eppure non presentano la caratteristica desinenza in -o che abbiamo incontrato nel genitivo Quenya (che presenterebbe pressappoco una cosa del genere *andondī Durinō). Il Sindarin in teoria possiederebbe a sua volta una desinenza genitiva arcaica (-a sing. / -on pl.; WPP, pag. 97), ma poco sotto Tolkien scrive in una nota “[il Sindarin] non ha il genitivo inflesso!”, il che ci fa pensare che abbia rigettato l’idea.
Pertanto resta, tra le principali forme di genitivo osservate in Sindarin, questa forma di “genitivo giustapposizionale”, in cui è evidentemente il contesto a chiarire di volta in volta quale dei due elementi svolga il ruolo di complemento, oppure si attestano anche numerosi casi di genitivo retto da articoli determinativi (i, in) o preposizioni (na, en).
Come sempre, lascio di seguito la trascrizione in Tengwar dell’iscrizione dei Cancelli (font: Tengwar Parmaite). Le tengwar in basso sono rispettivamente la C di Celebrimbor, la D di Durin e la N di Narvi. Il modo è ovviamente quello del Beleriand.
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