Benché la sua paura fosse così grande che pareva formar parte integrante dell’oscurità che lo circondava, si sorprese a pensare a Bilbo Baggins e alle sue storie, alle loro lunghe passeggiate per i viottoli della Contea, alle interminabili conversazioni su strade e avventure. C’è un seme di coraggio nascosto (a volte molto profondamente, bisogna dire) nel cuore dell’Hobbit più timido e ciccione, un seme che qualche pericolo fatale farà germogliare. Frodo non era né molto grasso, né molto timido; anzi, benché egli stesso non lo sapesse, Bilbo (ed anche Gandalf) l’aveva sempre considerato il miglior Hobbit della Contea. Credette di esser giunto al termine della sua avventura, una fine tragica e terribile, ma il pensiero gli infuse coraggio. Sentì i suoi muscoli tendersi e irrigidirsi, come pronti al balzo finale: non era più inerte come una vittima senza scampo.
Si voltò e vide, nel freddo chiarore, distesi accanto a lui, Sam, Pipino e Merry.
Erano anch’essi supini, ed i loro volti pallidi come la morte; portavano abiti bianchi e ai loro piedi giacevano degli scudi. Ma un’unica spada sguainata posava sui loro tre colli.

Improvvisamente s’innalzò un canto, come un freddo mormorio che saliva e scendeva, simile a un roco lamento proveniente dagli abissi della terra:
Fredda la mano ed il cuore e le ossa,
Freddo anche il sonno è nella fossa:
Mai vi sarà risveglio sul letto di pietra,
Mai prima che muoia il Sole e la Luna tetra.
Nel vento nero le stelle anch’esse moriranno,
Ed essi qui sull’oro ancora giaceranno,
Finché l’oscuro signore non alzerà la mano
Sulla terra avvizzita e sul mare inumano.
Dapprima Frodo ebbe la sensazione di essere stato veramente pietrificato dall’incantesimo, poi un pazzo desiderio di fuga s’impadronì di lui.
Ma il coraggio che si era destato in lui era ormai ingigantito: non avrebbe abbandonato i suoi amici in questo frangente. Esitò un istante, frugando in tasca, ma poi riuscì di nuovo a vincersi, proprio mentre la mano stava per sfiorarli. Prese allora una decisione repentina: afferrò la sciabola posata accanto a lui e si inginocchiò, curvandosi sui corpi dei suoi compagni. Quindi con tutte le forze vibrò un terribile colpo contro il braccio brancolante, all’attaccatura del polso: la mano si staccò, ma allo stesso tempo la sciabola si frantumò fino all’elsa. Si udì uno strillo stridulo e la luce svanì. Nell’oscurità si alzò un ringhio rabbioso.
- Stella del Vespro
