Grampasso riapparve.
«Guardate!», esclamò, e si chinò per raccogliere un manto nero per terra, nascosto sino allora dall’oscurità. A dieci pollici dall’orlo vi era uno squarcio. «Questo è il colpo di spada di Frodo», disse. «L’unica lesione subita dal nemico, temo; infatti la spada è intatta, mentre tutte le lame che feriscono il corpo di quell’orrendo re vanno in frantumi. Più infausto per lui è stato il nome di Elbereth. E più infausto per Frodo è stato questo!». Si curvò nuovamente e raccolse un lungo coltello aguzzo. Ardeva di una luce fredda. Quando Grampasso lo tenne in mano, videro che vicino all’estremità la lama era intaccata e che la punta era rotta. Ma guardandolo meglio, alla luce dell’alba che avanzava, rimasero sbalorditi, perché la lama parve squagliare, e svanì come fumo nell’aria: in mano, Grampasso stringeva ormai solo l’elsa. «Ahimè!», esclamò. «E’ stato questo maledetto pugnale a provocare la ferita. Pochi sono quelli il cui potere di guarigione può combattere armi sì malefiche. Ma farò ciò che posso».
[…]
Frodo sentì una gran stanchezza impadronirsi di lui. Al calar del sole, il velo davanti ai suoi occhi si era fatto più scuro ed ora aveva la sensazione che un’ombra si proiettasse tra di lui e i volti dei suoi amici.
«Vi sono scritte malvagie su quest’elsa», disse Glorfindel; «forse i vostri occhi non sanno vederle. Conservala, Aragorn, fino al momento in cui giungeremo alla casa di Elrond! Sii cauto, però, ed evita di toccarla. Ahimè, non è in mio potere curare le ferite di quest’arma! Tutto ciò che potrò fare lo farò; ma ora più che mai vi esorto a proseguire senza riposo né sosta».
Le sue dita cercarono la ferita sulla spalla di Frodo, e l’espressione sul suo viso si fece più grave, segno di una nuova inquietudine. Frodo, invece, sentì sciogliersi il freddo al fianco ed al braccio, e penetrare un po’ di calore dalla spalla fin giù alla mano, e le sofferenze attenuarsi. Le tenebre intorno a lui parvero diradarsi, come se una nuvola fosse stata squarciata; poté distinguere con maggior nettezza i visi del suoi compagni, e nuovo vigore e nuovo coraggio gli affluirono al cuore.
«Monterai il mio cavallo», disse Glorfindel. «Ti accorcerò le staffe fino alla sella, e tu ti terrai con tutte le tue forze. Ma non hai nulla da temere: il mio cavallo non lascia cadere un cavaliere che io gli ordino di portare. Il suo passo è soffice e leggero, e se il pericolo si dovesse far troppo vicino, ti porterà in salvo con una corsa che nemmeno i neri destrieri del Nemico possono eguagliare».
«No, non lo farò!», disse Frodo. «Io non ho intenzione di montarlo, se mi deve portare a Gran Burrone, o in qualunque altro posto, lasciando i miei amici in pericolo».
Glorfindel sorrise. «Dubito molto», disse, «che i tuoi amici sarebbero in pericolo se tu non fossi con loro! L’inseguitore correrebbe al tuo inseguimento, lasciando noi in pace. Sei tu, Frodo, e ciò che porti teco, che attirate su noi il pericolo».
Caricarono invece sul pony gran parte dei fardelli finora portati a spalla, camminando così più leggeri e spediti; ciò nonostante gli Hobbit riuscivano con fatica a tener dietro agli agili e instancabili piedi dell’Elfo. Avanti nel profondo delle tenebre, ed ancor avanti sotto il buio cielo annuvolato.
[…]
«Poco prima del fiume, è lì che il pericolo sarà grande», disse Glorfindel; «il cuore mi avverte che gli inseguitori sono alle nostre spalle, e che altre insidie ci attendono al Guado».
Nel tardo pomeriggio arrivarono in un punto ove la Via s’inoltrava improvvisamente nella cupa ombra di pini secolari, per poi proseguire attraverso una profonda gola dalle umide pareti di pietra rossa. Correvano avanti accompagnati dall’eco, e sembrava che tanti altri piedi corressero dietro di loro. Poi ad un tratto la Via sbucò fuori dal tunnel alla grande luce. Davanti a loro, in fondo ad un ripido pendio, si estendeva una vasta radura di terra piatta, al di là della quale era il Guado di Gran Burrone. Dall’altra parte l’argine era scosceso e percorso da un sentiero serpeggiante, e dietro ad esso le alte montagne si scavalcavano, vetta su vetta, picco su picco, fino a raggiungere il pallido cielo.
{J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli;
Glorfindel ArtworK: Līga_Kļaviņa}
-Stella del Vespro

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