Adesso, ogni qual volta sedevano o camminavano insieme, i compagni parlavano di Gandalf, e nella loro mente compariva tutto ciò che essi avevano veduto o conosciuto di lui.
Man mano che la stanchezza e la sofferenza corporea andavano scomparendo, il dolore della perdita subita si faceva più intenso. Spesso udirono nelle vicinanze cantare voci elfiche, e sapevano che erano canti di compianto per la sua assenza poiché coglievano il suo nome fra le dolci e tristi parole che non comprendevano.
Mithrandir, Mithrandir, cantavano gli Elfi, Oh, Grigio Pellegrino!
Così infatti amavano chiamarlo. Ma se Legolas era con i compagni, si rifiutava di tradurre le canzoni, dicendo di non essere in grado di farlo, e di sentire troppo vicino ed intenso il dolore per l’accaduto, che gli procurava lacrime e non gli ispirava canzoni.
Frodo fu il primo a trasporre parte del suo dolore in parole durature. Di rado si sentiva spinto a comporre canti o rime; persino a Gran Burrone egli aveva sempre ascoltato, senza tuttavia mai cantare, benché la sua memoria custodisse infiniti versi creati da altri prima di lui. Eppure, seduto accanto alla fontana di Lórien, circondato da voci di Elfi, nella sua mente prese forma un canto che a lui parve bello.
J.R.R. Tolkien, Il signore degli anelli;
- Stella del Vespro
