DA “LA STRADA PERDUTA” [1]
“Thus cwæth Ælfwine Wídlást:
Fela bith on Westwegum werum uncúthra
wundra and wihta, wlitescéne land,
eardgeard elfa, and ésa bliss.
Lýt ǽnig wát hwylc his longath síe
thám the eftsíthes getwǽfeth.”
“Così disse Ælfwine, il viaggiatore lontano:
‘Vi sono molte cose in Occidente, regioni sconosciute agli uomini,
meraviglie e strane creature: una terra bella e amabile,
la patria degli Elfi e la beatitudine degli Dèi.
Poco conosce l’uomo dell’anelito
di chi la vecchiaia sottrae dal farvi ritorno”.
[…]
Ripercorrendo gli ultimi trent’anni, sentiva di poter affermare che il suo stato d’animo più permanente, sebbene spesso sovrapposto ad altro o soppresso, era stato il desiderio fin da bambino di tornare indietro.
Per camminare nel Tempo, forse, come gli uomini camminano su lunghe strade; o per osservarlo, come gli uomini possono rimirare il mondo da una montagna, o la terra come una mappa vivente ai piedi di un dirigibile. Ma comunque fosse vedere con gli occhi e udire con le orecchie: vedere il dispiegarsi di terre antiche e persino dimenticate, osservare gli uomini antichi camminare e udire le loro lingue per come effettivamente le parlavano, nei giorni prima dei giorni, quando linguaggi di stirpi dimenticate si udivano in regni da tempo caduti sulle rive dell’Atlantico.
Tratto da La Strada Perduta – Capitolo II “Alboin e Audoin”

-Rúmil