LINGUE TOLKIENIANE + L'EVOLUZIONE DELLA LEGGENDA - Corpus Medio Quenya: Frammento Atalante (La Strada Perduta)

LINGUE TOLKIENIANE / Stagione 2, Speciale Númenor (parte 1)
Corpus Medio Quenya: Frammento Atalante

(episodio cross-over con:)

L’EVOLUZIONE DELLA LEGGENDA
Un’introduzione a LA STRADA PERDUTA

Cari amici, ben ritrovati alla rubrica sulle Lingue Tolkieniane.

Questo episodio e i successivi saranno un po’ speciali, in quanto vorrei introdurre un argomento molto complesso, che ci porterà inevitabilmente a parlare un po’ più del solito di narrativa e ad approfondire alcuni episodi del Legendarium. Ecco perché si tratterà, come già avvenne per il post che abbiamo dedicato alle Etimologie, di un episodio cross-over tra due rubriche: Lingue Tolkieniane e L’Evoluzione della Leggenda.

L’elemento di corpus Quenya che andremo ad analizzare è uno dei più oscuri e complessi di tutta l’opera del Professore. Mi riferisco ad un testo (e alle sue varie versioni) conosciuto con il nome di Frammento “Atalante”, o Lamento di “Atalante”. La sua affascinante storia è strettamente intrecciata a episodi ben precisi tratti da due opere molto particolari presenti all’interno della History of Middle-earth, entrambi romanzi incompiuti: La Strada Perduta (composto da Tolkien nel 1936-37 e pubblicato da Christopher in La Strada Perduta e Altri Scritti [1987]), e The Notion Club Papers (composto da Tolkien nel 1945-46 e pubblicato in Sauron Defeated [1992]).

Compendiare il percorso testuale estremamente articolato che ha interessato queste poche righe di Quenya sarebbe decisamente inappropriato per gli scopi di questa rubrica, perciò, prima di entrare nel merito del frammento vero e proprio, mi limiterò a fornire un po’ di contestualizzazione narrativa e qualche curiosità, mentre rimando per ogni approfondimento ulteriore al notevole lavoro di ricerca, risalente al 2003 ma ancor oggi molto valido, compiuto da Aleš Bičan nell’eccellente saggio The Atalante Fragments, pubblicato sul suo sito (https://www.elvish.org/elm/index2.html) e condiviso anche sul sito della Elvish Linguistic Fellowship, nella sezione dedicata agli articoli di ricerca linguistica (https://www.elvish.org/articles/).

Cominciamo! Circa a metà degli anni ’30 Tolkien aveva fatto una “scommessa” con l’amico Clive Staples Lewis: in un panorama letterario (specialmente di letteratura fantastica) che non riusciva a catturare il loro gusto di lettori, essi provavano il desiderio di storie nuove e diverse. Perciò divenirono alla decisione di cimentarsi in una sfida, scrivendo essi stessi le storie che avrebbero provato piacere a leggere, e si proposero di realizzare due racconti di fantascienza.

Racconta Tolkien nella Lettera 294 (1967):

Un giorno L. mi disse: “Tollers, ci sono troppo pochi racconti che ci piacciono. Temo che dovremmo provare a scrivere qualcosa noi.” Ci accordammo che egli avrebbe provato il “viaggio nello spazio”, e io il “viaggio nel tempo”. Il suo risultato è ben noto [la cosiddetta Trilogia Cosmica o Trilogia di Ransom, composta dai romanzi di “fantascienza” Lontano dal Pianeta Silenzioso (1938), Perelandra (1943) e Quell’Orribile Forza (1945)]. I miei sforzi, dopo alcuni capitoli promettenti, si sono prosciugati; era una strada troppo lunga per arrivare a quello che in realtà volevo fare: una nuova versione della leggenda di Atlantide. La scena finale sopravvive come La Caduta di Númenor.

I “capitoli promettenti” di cui parla Tolkien sono appunto quegli unici che arrivò a completare de La Strada Perduta. Esperimento partito con una “tirata a sorte” con l’amico Lewis, fu presto “inglobato” dall’onnipresente mitologia di Arda, da cui il buon Tolkien non riusciva a staccarsi mai del tutto, nemmeno quando si accingeva a scrivere un racconto di “fantascienza”, per quanto sui generis!

Ma quale sarebbe stato esattamente l’argomento di questo “romanzo”?

Difficile dare una risposta sintetica o univoca, dato che stiamo parlando dell’interpretazione del concetto di viaggio nel tempo da parte di un autore eccentricamente colto e minuzioso come J. R. R. Tolkien.

E infatti il viaggio nel tempo è qui inteso non (solo) letteralmente, ma come una forma di itinerario storico-linguistico, in cui i protagonisti “viaggiano” da un’epoca all’altra attraverso varie reincarnazioni di sé, fino a giungere ad una remota preistoria in cui rivive una versione del mito di Atlantide (che coincide con Númenor). Il punto di vista è, dunque, frammentato in numerosi soggetti e in varie epoche passate, e contemporaneamente legato da un unico filo conduttore.

L’impianto generale sarebbe stato composto da diversi episodi, di cui Tolkien però arrivò ad abbozzare solo il più recente (con protagonisti Oswin Errol e il figlio Alboin – alter ego di Tolkien stesso; per poi passare ad Alboin in età adulta e a suo figlio Audoin) e il più remoto (ambientato appunto a Númenor, con protagonisti Elendil e il figlio Herendil). Decise in seguito che l’episodio di Númenor avrebbe dovuto costituire il finale, e che vi ci sarebbe dovuto arrivare a ritroso. Degli episodi intermedi esistono solo appunti frettolosi ed una sommaria scaletta, piuttosto vaga:

  1. una storia Longobarda?

  2. una storia norrena di funerale in nave (Vinland)

  3. una storia Inglese dell’uomo che intraprese la Strada Diritta?

→ annotazione a matita sulla “storia di Sceaf o Scyld”

  1. una storia dei Tuatha-de-Danaan, o Tir-nan-Og

  2. una storia a proposito di “grotte dipinte”

  3. l’Era Glaciale – grandi figure nel ghiaccio

→ Prima dell’Era Glaciale: la storia di Galdor

  1. il post-Beleriand e la storia di Elendil e Gil-galad dell’attacco conto Thû

  2. la storia di Númenor

È pressoché impossibile ricostruire con esattezza quale sarebbe stato lo svolgimento completo della storia con il solo aiuto di queste annotazioni, che per di più riflettono solo un momento transitorio dell’idea di Tolkien, vestigia di un progetto presto sovrascritto da altri. È comunque evidente che la “storia inglese dell’uomo che intraprese la Strada Diritta” si riferisca all’Ælfwine anglosassone, e che questo avrebbe dovuto coincidere, in una qualche misura, con il personaggio della cornice narrativa dei Racconti Perduti, e incorporare la leggenda di Re Sheave (o Scēafa o Scyld Scefing, il sovrano longobardo – o anglosassone? – la cui esistenza è a metà tra storia e leggenda, e di cui parla anche l’incipit del Beowulf). Altri collegamenti con le leggende del “Silmarillion” si sarebbero fatti sempre più fitti man mano che il tempo si fosse riavvolto, e ci si fosse addentrati nel passato più remoto, fino ad arrivare a Númenor/Atlantide.

È probabile che ciascun episodio avrebbe dovuto avere come protagonisti una coppia padre/figlio, un archetipo destinato a riaffiorare in momenti diversi della Storia: ciascuna coppia è in un certo senso reincarnazione delle precedenti, “visitata” dai medesimi spiriti (come suggeriscono i nomi dall’etimologia ricorrente, es. “amico degli Elfi”: Elendil – Ælfwine – Alboin).

Ciò che dunque si configura in questa bizzarra storia è una catena di soggetti, un vero e proprio sistema di personaggi, tenuto insieme da visioni oniriche inter-epocali, ovvero gli stessi “Sogni” che consentono ad Alboin di accedere ad un patrimonio di memoria linguistica altrimenti inaccessibile.

Infatti, in virtù della sua particolare sensibilità (di una “peculiarità del suo assetto mentale”, ci dice il testo), il protagonista si ritrova a fantasticare sulla possibilità di un viaggio a ritroso nel tempo, e durante il Sogno cominciano ad “emergere” nella sua testa visioni e suggestioni sotto forma di frammenti di testi – che deve appuntarsi appena sveglio per non dimenticare – in lingue per lui inizialmente ignote (ma rapidamente apprese grazie alla sua forte predisposizione linguistica; gli darà due nomi molto pertinenti: Eressëano e Beleriandico). Successivamente, quando sarà divenuto padre a sua volta, verrà visitato in sogno niente meno che da Elendil, “progenitore” di questa catena di reincarnazioni di “amici degli elfi”, e dunque omologo di Alboin. Il númenóreano lo “ingaggerà” in un reale viaggio nel tempo, in cui verrà catapultato insieme al giovane figlio Audoin (il quale beneficia a sua volta di Sogni simili, più improntati a immagini che a suoni/parole), con delle tappe in momenti prestabiliti della storia, gli stessi, presumibilmente, abitati da altre versioni di questa coppia padre/figlio.

Dopo l’accettazione della chiamata da parte di Alboin, i capitoli successivi che Tolkien compose ci portano direttamente a Númenor (e sono detti infatti capitoli númenóreani), ovvero nel più remoto di questi scenari in ordine cronologico, con cui la storia avrebbe dovuto concludersi mettendo in scena la versione ardiana del mito di Atlantide. Gli omologhi di Alboin e Audoin, ovvero Elendil e Herendil (il precursore di Isildur, sebbene molto diverso come caratterizzazione), avrebbero costituito il principale POV di questa sezione del racconto, ambientata in una Númenor già occupata dal potere corruttore e tirannico di Sauron/Zigûr, con atmosfere praticamente da Terzo Reich (non casualmente, se pensiamo agli anni in cui Tolkien componeva questo racconto): persecuzione dei Fedeli agli Elfi e a Valinor, discriminazioni feroci, controllo autoritario, produzione in massa di armi e missili (!), delazione tra familiari (sappiamo dagli appunti di Tolkien che il rapporto tra Elendil e Herendil con il proseguire della storia sarebbe stato segnato da conflittualità, sospetto, tradimento e, infine, riconciliazione e redenzione; concept poi totalmente abbandonato quando fu sviluppato il personaggio di Isildur).

In questo complesso quadro, l’episodio che ci interessa è quello in cui Alboin, ancora nel suo presente, “riceve” in sogno una serie di frasi Quenya, apparentemente legate tra loro come a comporre un racconto, e di cui riesce a “intuire” pian piano il significato, sempre grazie alla suggestione onirica:

Giunse una notte in cui Alboin tornò a coricarsi nella stanza d’una casa sul mare: non la casetta della sua infanzia, tuttavia il mare era lo stesso. Era una notte calma e l’acqua si stendeva come una vasta pianura di selce scheggiata e levigata, pietrificata sotto la fredda luce della luna. Il sentiero del barlume lunare si estendeva dalla riva fin dove si spingeva lo sguardo.
Il sonno non lo prendeva, sebbene lo desiderasse. Non per il riposo – non era stanco – ma per il Sogno della notte passata. Sperava di completare un frammento emerso vividamente al mattino. Lo teneva a portata di mano in un quadernetto accanto al letto; non che dimenticarlo fosse probabile una volta annotato.

ar sauron tūle nahamna … lantier turkildi
e ? giunse ? … caddero ?

unuhuine … tarkalion ohtakāre valannar …
sotto l’Ombra … ? guerra contro-le-Potenze …

herunūmen ilu terhante … ilūvatāren … ëari
Signore-dell’-Occidente il mondo spezzò … di-Ilúvatar … mari

ullier kilyanna … nūmenōre ataltane …
riversato nel-Baratro … Númenor cadde.

Quindi pareva esserci un lungo intervallo.

malle tēra lende nūmenna ilya sī maller
…strada diritta andava verso Ovest tutte adesso le strade

raikar ….. turkildi rōmenna … nuruhuine mel-lumna
piegate ….. ? verso est … Ombra-di-Morte noi-è-gravoso

vahāya sin atalante.
… lontano adesso ?

C’erano una o due parole nuove, di cui voleva scoprire il significato: quel mattino gli era sfuggito prima che riuscisse a scriverlo. Probabilmente si trattava di nomi propri: tarkalion era quasi certamente il nome di un sovrano, giacché tār era elemento comune nei nomi regali. Curioso come spesso i frammenti rammentati riprendessero il tema di una “strada diritta”. Che cos’era atalante? Sembrava significare rovina o caduta, ma costituire anche un nome.

Il testo è tratto da La Strada Perduta, capitolo II “Alboin e Audoin”.

Le parole non tradotte, e contrassegnate nel testo con il punto interrogativo, sono ovviamente quelle di cui Alboin non conosceva il significato. Fatta eccezione per l’ovvio nome proprio Sauron, abbiamo nahamna, che significa molto probabilmente “al porto [di Númenor]”; turkildi è un termine che designa i Númenóreani (pl. di turkil, che significa letteralmente “Grande Uomo, Uomo Nobile”); tarkalion è chiaramente il nome Tar-Calion (ovvero Ar-Pharazôn); infine, l’ultima parola atalante è sì una voce del verbo atalta- “cadere, scivolare”, ma è anche un nome proprio per Númenor stessa: la Caduta (“The Downfallen”).

Nelle note al capitolo Christopher riporta una versione alternativa di questo frammento, probabilmente un draft precedente, con alcune differenze:

Ar Sauron lende nūmenorenna… lantie nu huine…
ohtakárie valannar… manwe ilu terhante.
eari lantier kilyanna nūmenor atalante…
malle tēra lende nūmenna, ilya sí maller raikar.
Turkildi rómenna… nuruhuine me lumna.

And Sauron came to-Numenor… fell under Shadow…
war-made on-Powers… ? ? broke.
seas fell into-Chasm. Numenor down-fell.
road straight went westward, all now roads bent.
? eastward. Death-shadow us is-heavy.

E Sauron venne a Númenor… cadde sotto l’Ombra…
guerra-mossa-contro-le-Potenze… ? ? spezzò.
I mari caddero nell’-Abisso. Númenor cadde.
La strada diritta andava verso ovest, tutte le strade ora sono piegate.
? verso est. L’Ombra-di-Morte [su di] noi è pesante.

Le parole non tradotte: Manwe è ovviamente il nome proprio del Vala Re di Arda; ilu sappiamo essere un termine per “mondo” (lett. “il tutto, l’universo”, cfr. Ilúvatar “Padre del Tutto”); ricompare turkildi.

Non mi addentro in un’analisi linguistica per non tediare ulteriormente.

Segnalo soltanto la particolarità del verbo tematicamente centrale (e che dà il soprannome a questo frammento): atalante.

Si tratta, come accennavamo, del tempo passato di atalta-, con formazione semi-forte, ovvero anziché con il semplice suffisso temporale -ne (come nei verbi deboli, ad esempio orta- > ortane), il passato è ottenuto tramite l’intrusione della n prima dell’ultima consonante del tema verbale (es. sirya- > sirinye).

Questo tipo di formazione accomuna diversi verbi con suffissi formativi, come tă, -yă, nonché i cosiddetti verbi con radice-TALAT. Questi ultimi derivano direttamente dal tema verbale √TALAT, appunto, ma si sono differenziati in varie coniugazioni, ad esempio il verbo talta- “cadere, scivolare, essere inclinato”, il verbo atalta- (da cui proviene atalante) “rovinare, precipitare”, il verbo talat- di significato simile. Esistono molte altre radici imparentate, sparpagliate lungo tutta l’evoluzione concettuale del Quenya: *ᴱ√LṆTṆ > *ᴱ√LANTAN nel Lessico Qenya; M√TALÁT – M√LANTA – M√DAT – M√DANT dalle Etimologie; √LAT2 (variante di √DAT da cui deriva il verbo lanta- “cadere”, presente diverse volte anche nel Frammento Atalante) da note più tarde risalenti al 1968…

Insomma, se nello scorso episodio con la frase dei Due Alberi avevamo potuto osservare la presenza di un “lessico della Luce” (come lo definisce anche Verlyn Flieger in Splintered Light), qui abbiamo quello che potremmo chiamare un lessico della Caduta. La Caduta d’altronde è uno dei più importanti archetipi tolkieniani, non solo dal punto di vista mitico e narrativo, ma anche filosofico: la Caduta materiale dell’isola di Elenna sancisce una Caduta spirituale e morale dei suoi abitanti.

Atalante by Matěj Čadil

Chiaramente è impossibile non evidenziare una pun multilinguistica tra Atalantë / Atalantië / Ataltane etc. e la mitica Atlantide. Per Tolkien l’associazione era assolutamente intenzionale, benché egli si pregiasse di specificare che non vi fosse alcuna correlazione etimologica in senso stretto (almeno, non consciamente): definiva infatti “un caso curioso” (vedi nota alla Lettera 257 a Christopher Bretherton) la somiglianza esteriore tra le parole della radice Quenya TALAT e la parola greca Ἀτλαντὶς (Timeo, Platone). Tuttavia a livello tematico Númenor è sempre stata dichiaratamente la sua Atlantide. Il sogno ricorrente della “Grande Onda” lo aveva sempre turbato profondamente, come racconta nella medesima lettera parlando di quello che altrove definisce Atlantic complex (“complesso di Atlantide”). Riporto la citazione, dato che tra l’altro la digressione si conclude con un riassunto molto illuminante del soggetto de La Strada Perduta:

[…] la mia ossessione per Atlantide [“Atlantis-haunting”]. Questa leggenda o mito o oscura memoria di qualche storia antica mi ha sempre tormentato. Nel sonno continuavo ad avere il sogno spaventoso dell’Onda ineluttabile, che usciva da un mare tranquillo o che arrivava torreggiando al di sopra della verde campagna d’entroterra. È un sogno che di quando in quando faccio ancora, benché l’abbia ormai esorcizzato, scrivendone. Finisce sempre con un disastro e io mi sveglio annaspando come per venir fuori da un abisso d’acqua. Avevo l’abitudine di disegnarlo o di comporre pessime poesie. Quando C.S. Lewis e io tirammo a sorte perché lui scrivesse di un scrivesse di un viaggio nello spazio e io nel tempo, cominciai un libro mai finito che doveva terminare con la presenza del mio eroe nel crollo di Atlantide.

Questa avrebbe dovuto chiamarsi Númenor, la Terra dell’Occidente. Il filo avrebbe dovuto essere l’occorrenza reiterata nelle famiglie umane (come Durin tra i Nani) di un padre e di un figlio chiamati con nomi che potessero essere interpretati come “Amico della Beatitudine” e “Amico degli Elfi”. Solo alla fine si scopre che questi nomi si riferiscono alla situazione di Atlantide-Númenor e significano “colui che è leale ai Valar, che si accontenta della gioia e della prosperità entro i limiti consentiti” e “colui che è leale nella sua amicizia verso gli Alti Elfi”. Cominciava con un’affinità padre-figlio tra Edwin ed Elwin e doveva tornare indietro nel tempo mitico attraverso un Eadwine e un Ælfwine dell’anno 918 circa, passando attraverso Audoin e Alboin delle leggende longobarde e le tradizioni del mare del Nord riguardanti l’arrivo del grano e degli eroi, progenitori di re, sulle navi (e la loro partenza sulle navi funebri). Uno di questi può in realtà essere considerato tra i lontani antenati della nostra attuale regina. Nel mio racconto si doveva arrivare alla fine ad Amandil ed Elendil, capi degli uomini di Númenor rimasti fedeli, quando Númenor cadde sotto il dominio di Sauron. Elendil “Amico-degli-Elfi” fu il fondatore dei regni dell’esilio di Arnor e Gondor. Ma scoprii che mi interessava unicamente il periodo più remoto, la Akallabeth o Atalantië […], così collegai tutto il materiale che avevo scritto sulle leggende di Númenor con la mitologia principale.

Questo riassunto ci consente di riepilogare comodamente – grazie alle parole di Tolkien – quanto detto finora, tuttavia la nostra storia non è ancora finita!

Nel prossimo episodio torneremo a parlare di viaggi nel tempo, di opere incompiute, di Númenor, del frammento Atalante e di tante altre cose, prendendo stavolta spunto dal soggetto di The Notion Club Papers.

Bibliografia:

  • The Lost Road and Other Writings (HoME V – 1987)

  • The Letters of J. R. R. Tolkien (1981)

  • The Atalante Fragments analyzed by Ales Bican (2003)

Sitografia:

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Dal nostro sito si può consultare l’intera raccolta di post dedicati alle Lingue Tolkieniane:
https://www.raccontiditolkien.it/category/analisi/lingue/

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-Rúmil

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