Bilbo Baggins, di Michele Mantoani

Contea, 22 settembre 2.890 T.E. – Salpato a ovest il 29 settembre 3.021 T.E.

 

In un buco nella terra viveva uno hobbit.
J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit, cap. I, “Una festa inaspettata”

 

Avventuriero, traduttore, narratore e scrittore, amico degli Elfi e dei Nani, longevo e inaspettato, folle e nobile, celebre tra tutti gli Hobbit d’ogni Era è Bilbo Baggins, discendente da due delle più importanti famiglie della Contea e protagonista di una delle avventure più chiacchierate dell’intera storia Hobbit.

 

Bilbo Baggins, di Mike Szabados
Bilbo Baggins, di Mike Szabados

Bilbo fu uno di quegli Hobbit, poi divenuti in modo assolutamente inatteso materia di leggende, spinti da Gandalf verso strade sconosciute. Come altri della tradizione hobbit — tra cui i suoi zii Hildifons e Isengar, o Basso Boffin — fu colpito dalla “follia del vagabondo”, una forza misteriosa che, si diceva, spingeva alcuni abitanti della Contea a rifiutare la tradizioni e il lento trascorrere del tempo fino ad andarsene perdendosi per sempre, o a tornare profondamente mutati e inaccessibili.

Ma a differenza loro, Bilbo visse ancora per lunghi anni nella Contea anche dopo il suo ritorno, e molto si favoleggiava sul motivo della sua ricchezza e delle sue strane conoscenze. La Storia, come sappiamo, ci è narrata con molti particolari nel Libro Rosso, di cui di seguito si lasciano alcuni sommi capi.

Bilbo Baggins nacque il 22 settembre dell’anno 2890 della Terza Era, figlio di Bungo Baggins e Belladonna Tuc, due casate importanti della Contea. Era quindi per metà Baggins, rispettabile, sobrio e amante della quiete domestica, e per metà Tuc, famiglia di grande ascendenza nobiliare ma notoriamente incline all’insolito. Questa doppia natura rese Bilbo, fin da giovane, gentile e ben educato, ma anche più curioso e irrequieto di quanto un hobbit avrebbe normalmente accettato.

 

Bilbo Baggins, di J.R.R. Tolkien
Bilbo Baggins, di J.R.R. Tolkien

Durante la giovinezza amava partecipare alle feste del villaggio e ascoltare le storie di Gandalf su draghi, goblin e principesse. Fu uno degli ultimi Hobbit a ricordare il Lungo Inverno.

Dopo la morte dei genitori ereditò Casa Baggins, la dimora ancestrale della sua famiglia, in un buco nel terreno, comodo e arredato come si deve, dove «viveva uno Hobbit». All’inizio la sua vita fu quella di ogni hobbit perbene: letture, pranzi, pipe e nessun desiderio di lasciare la Contea. Ma col tempo si fece sempre più incline a vagare, a scomparire per giorni e a incontrare personaggi curiosi, soprattutto nani. Gandalf, che lo teneva d’occhio, ritenne che fosse proprio Bilbo l’Hobbit giusto per una missione speciale.

Fu così che una mattina del 2941 della Terza Era, Bilbo si ritrovò seduto davanti alla porta di casa in compagnia di uno stregone e poi di tredici nani, guidati da Thorin Scudodiquercia. Inizialmente contrario, si ritrovò suo malgrado a far parte della compagnia con il ruolo di “scassinatore”, scelto da Gandalf per recuperare il tesoro custodito dal drago Smaug nella Montagna Solitaria.

 

I Troll, di J.R.R. Tolkien
I Troll, di J.R.R. Tolkien

La compagnia partì il giorno seguente. Attraversarono le Terre Solitarie, finché Bilbo fu mandato in avanscoperta e finì prigioniero di tre Troll. Grazie all’astuzia di Gandalf, che li ingannò fino all’alba, i Troll furono pietrificati. E nella loro caverna, mentre Gandalf e Thorin trovarono Glamdring e Orcrist, Bilbo trovò una piccola spada elfica che conserverà con sé per tutta la vita.

 

A giugno arrivarono a Gran Burrone, dove conobbe Elrond e rimase affascinato dagli Elfi. Elrond rivelò la natura delle spade elfiche che avevano trovato, e lesse le rune lunari sulla mappa che Gandalf aveva recuperato a Dol Guldur da un morente Thráin, padre di Thorin, che parlavano della porta segreta di Erebor.

 

Espulsione, di Donato Giancola
Espulsione, di Donato Giancola

E così la loro via proseguì verso Est, spinta dalla necessità di giungere a Erebor prima del dì di Durin, l’ultimo giorno di Autunno, l’unico in cui era possibile trovare la porta segreta indicata dalla mappa

Attraversando i Monti Nebbiosi, la compagnia fu catturata dai Goblin. Ma Gandalf giunse appena in tempo per salvarli, uccidendo il Grande Goblin e permettendo loro di fuggire. Fu durante la fuga che Bilbo si smarrì e incontrò Gollum. In un gioco di enigmi, vinse grazie a una domanda involontaria — “Cos’ho in tasca?” — e riuscì a fuggire grazie a un anello magico che lo rendeva invisibile. Non disse nulla di questo anello ai compagni.

Poco dopo, furono circondati da Mannari e Goblin e si rifugiarono sugli alberi, da cui furono salvati dalle Aquile di Gwaihir, che li portarono sulla Carroccia. Da lì raggiunsero la casa di Beorn, il mutatore di pelle, che nonostante la propria scarsa stima per i Nani li accolse e diede loro rifornimenti e cavalli.

 

Da lì la strada proseguiva attraverso i perigliosi sentieri di Bosco Atro, ove la mano di Sauron si era ormai molto allungata, rendendo le profondità della foresta oscure e pericolose. Qui Bilbo si dimostrò ancora una volta un membro fondamentale della compagnia: Bombur era infatti caduto nel Fiume Incantato, e i suoi effetti lo fecero cadere in un sonno profondo, tanto che dovette essere trasportato dagli altri. Ma proprio in quel momento, ai Nani sembrò di vedere alcuni Elfi festeggiare nel bosco, e decisero di avvicinarsi per chiedere loro aiuto. Ma essi non risposero (o forse si trattava di uno dei molti inganni di Bosco Atro), e presto i Nani si ritrovarono tutti catturati dai ragni. Fu Bilbo il primo a svegliarsi, rendendosi conto che, quando indossava l’anello, era in grado di sentire le voci dei ragni. Usò questa conoscenza per chiamarli per nome, traendoli lontano dai compagni il tempo sufficiente per svegliarli e prepararsi alla battaglia, che si concluse con la vittoria dei Nani.

 

Cavalcabarili, di Jef Murray
Cavalcabarili, di Jef Murray

Ma appena si guardarono con maggior attenzione, si accorsero che Thorin mancava: era infatti stato catturato dagli Elfi – che effettivamente si trovavano nella foresta – e condotto nelle prigioni del Reame Boscoso, governato da Thranduil padre di Legolas. E presto un drappello di Elfi si presentò intorno a loro, conducendoli a loro volta dal Re. Solo Bilbo scappò grazie all’anello, che lo rese invisibile e gli permise di entrare non visto nelle Sale del Reame Boscoso. Con l’aiuto dell’anello e grazie a un piano ingegnoso, riuscì infatti a liberare i Nani e li fece fuggire nascosti in barili lanciati nel fiume.

La compagnia arrivò a Pontelagolungo, accolti con grandi feste, poiché gli Uomini sapevano che solo liberandosi del Drago e ricreando l’antico regno di Erebor la regione sarebbe potuta tornare ai fasti di un tempo. Dopo due settimane ripartirono verso la Montagna Solitaria.

 

Smaug il Possente, di Olanda Fong-Surdenas
Smaug il Possente, di Olanda Fong-Surdenas

Qui, esplorando l’esterno di Erebor, Bilbo scoprì la Porta Segreta. Fu lui a decifrare l’enigma del tordo e della luce del Giorno di Durin. E così entrò da solo nella tana del drago, rubò una coppa e poi tornò una seconda volta per studiare il nemico, scoprendo che le leggende che si raccontavano, a proposito di Smaug, erano vere: sul suo torace era presente una chiazza priva di scaglie, sul fianco sinistro. E fu solo perché Bilbo ne solleticò la vanità che il drago si espose e permettendogli di vederla.

 

Un drago enorme color oro rosso lì giaceva profondamente addormentato, e dalle sue fauci e dalle froge provenivano un rumore sordo e sbuffi di fumo, perché, nel sonno, basse erano le fiamme. Sotto di lui, sotto tutte le membra e la grossa coda avvolta in spire, e intorno a lui, da ogni parte sul pavimento invisibile, giacevano mucchi innumerevoli di cose preziose, oro lavorato e non lavorato, gemme e gioielli, e argento macchiato di rosso nella luce vermiglia. […] Dire che a Bilbo si mozzò il fiato non rende affatto l’idea. Non ci sono parole per esprimere il suo turbamento, da quando gli uomini cambiarono il linguaggio che avevano imparato dagli elfi, al tempo in cui tutto il mondo era bello. Bilbo aveva già sentito parlare e cantare delle ricchezze ammassate dai draghi, ma ignoti erano per lui lo splendore, la brama, la bellezza di un tesoro come quello.
J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit, cap. XII, “Notizie dall’interno”.

 

Smaug, ingannato, credette che gli uomini di Pontelagolungo avessero aiutato gli intrusi, e si diresse a distruggere la città. Lì, l’arciere Bard, grazie all’informazione raccolta dal tordo, scoccò la Freccia Nera e abbatté la creatura, che nella sua rovina distrutte la città in un turbinio di fiamme e fumo.

 

Nel frattempo, Bilbo trovò l’Arkengemma, il gioiello più amato da Thorin, simbolo della regalità della Stirpe di Durin. E seppur tentato di restituirla all’amico, era preoccupato del fatto che, un volta che l’avesse ottenuta, il suo orgoglio e la sua spavalderia lo avrebbero condotto sul sentiero della follia. Ma era ormai tempo di difendere la Montagna.. Fu allora che Thorin regalò a Bilbo una cotta di Mithril, che poi sarà ereditata da Frodo: un dono regale, il cui valore era superiore a quello di qualunque oggetto fosse mai stato portato nella Contea, salvo solo l’Unico Anello.

 

«Signor Baggins!» gridò. «Ecco un primo pagamento della tua ricompensa! Togliti quella vecchia cotta che hai indosso!». Così dicendo mise addosso a Bilbo una piccola di maglia, forgiata tanto tempo prima per qualche giovane Principe degli Elfi. Era fatta di quell’argento-acciaio che gli Elfi chiamano mithril, ed era accompagnata da una cintura di perle e cristalli. […] «Mi sento magnifico» pensò Bilbo «anche se immagino di avere un aspetto alquanto ridicolo. Chissà come riderebbero di me, a casa sulla Collina! Eppure vorrei tanto avere uno specchio a portata di mano!»
J.R.R. Tolkien, Lo Hobbit, cap. XIII, “Era questa la nostra casa?”

 

La Morte di Thorin, di Darrell Sweet
La Morte di Thorin, di Darrell Sweet

Intanto, fuori dalle mura di Erebor, due eserciti si stavano radunando per reclamare la propria parte del tesoro del Drago: gli Elfi di Bosco Atro guidati da Thranduil e gli Uomini del Lago guidati da Bard. Thorin, accecato dall’avidità, si rifiutò di condividere il tesoro con Bard e gli Elfi. Bilbo, per evitare una guerra, consegnò l’Akengemma a Bard in segreto, così da aumentare il loro potere negoziale. E per questo fu cacciato da Thorin con disprezzo.

Quando i Nani erano ormai alle strette, costretti dal proprio esiguo numero a scendere a patti con gli assedianti, ecco che dalle colline a Est giunse Dáin Piediferro con un esercito di Nani dei Colli Ferrosi, intenzionati a difendere la montagna a costo di rinnegare le antiche alleanze. E per alcuni minuti davvero Elfi e Nani si confrontarono sulla piana di Erebor, inconsapevoli di cosa si stava muovendo nelle montagne dietro di loro.

Fu solo l’arrivo di Gandalf a fermare lo scontro: Orchi e Lupi Mannari stavano arrivando per reclamare a loro volta il controllo della Montagna. Così, di fronte a un nemico comune, Elfi, Uomini e Nani si allearono rapidamente e diedero battaglia al nemico.

 

Durante lo scontro, Bilbo rimase con Gandalf e Thranduil su Collecorvo, ma fu colpito e perse conoscenza proprio mentre da Ovest le Grandi Aquile giungevano sul campo di battaglia. E con loro era Beorn, nella forma di un enorme orso bruno, che si lanciò sui nemici infliggendo loro pesanti perdite e spezzando l’assalto nemico, che fu poi rapidamente respinto dai tre eserciti alleati.

 

Al risveglio, Bilbo diede l’addio a Thorin, morente, che si riconciliò con lui. Dopo l’incoronazione di Dáin a Re sotto la Montagna,

Bilbo rinunciò alla sua parte del tesoro, accettando solo due casse di oro e argento. Salutò Bard, Thranduil e Gandalf, e fece ritorno a casa.

 

Quando ritornò a Hobbiville, scoprì che nel frattempo era stato dato per morto e le sue cose erano state messe all’asta. Le ricomprò con calma, ignorando le chiacchiere, e riprese una vita solitaria a Casa Baggins, continuando a viaggiare e ricevere visite misteriose. Non invecchiava e conservava un’energia insolita, come fu poi noto, per via dell’Anello.

Adottò il giovane Frodo, suo cugino, che crebbe con lui. Insegnò a leggere anche al piccolo Sam, figlio del giardiniere. Passava il tempo a scrivere, leggere, tradurre l’elfico e raccontare storie.

Col tempo, però, l’Anello cominciò a pesargli. Si sentiva “tirato, come burro spalmato su troppo pane”. Così, dopo una festa memorabile per il suo 111º compleanno – quando, si dice, gli Hobbit iniziano a entrare nella vecchiaia vera e propria – scomparve una seconda volta, lasciando tutto a Frodo.

E questa è forse una delle meno considerate, ma delle più significative, tra le imprese di Bilbo: poiché egli fu l’Unico, insieme al proprio Sam, a rinunciare di propria volontà all’Anello, nonostante lo avesse avuto come sua esclusiva proprietà per diversi decenni.

 

Si stabilì a Gran Burrone, ospite di Elrond. Qui scrisse le sue memorie, Andata e Ritorno, e un libro di traduzioni dall’elfico. Quando Frodo vi arrivò, fuggendo dagli Spettri dell’Anello sui Guadi del Bruinen, i due si riabbracciarono, ma l’influenza dell’Anello si faceva ancora sentire.

Al Consiglio di Elrond, Bilbo si offrì di portare l’Anello, ma gli fu detto che l’impresa era ormai troppo gravosa per la sua età. E quando Frodo assunse questo incarico, Bilbo gli donò la spada Pungolo e la cotta di mithril, salvandogli la vita più volte.

 

Dopo la distruzione dell’Anello, Bilbo invecchiò molto rapidamente, poiché la sua innaturale lunga vita era strettamente legata al suo potere. Ma fece in tempo a superare Gerontius, il Vecchio Tuc, come Hobbit più anziano della storia: aveva 131 anni.

 

Bilbo a Gran Burrone, di Andrea Piparo
Bilbo a Gran Burrone, di Andrea Piparo

Una settimana dopo, il 29 settembre dell’anno 3021 della Terza Era, salpò dai Porti Grigi con Gandalf, Frodo, Galadriel, Elrond e altri elfi, verso Valinor.

Molti anni dopo la sua seconda scomparsa, Bilbo era diventato una figura mitica, un racconto da focolare: l’Hobbit che svaniva magicamente e ricompariva con sacchi pieni d’oro. Samvise Gamgee chiamò Bilbo uno dei suoi figli, in onore dell’eroe della sua giovinezza.

I copisti del Libro Rosso, per rispetto del vecchio Bilbo, cercarono di mantenere inalterato il suo racconto, compresi i suoi errori. Si dice infatti che per molto tempo Bilbo patì la vergogna per aver di fatto rubato l’Anello a Gollum, e quindi raccontò la storia come un semplice ritrovamento, al termine del quale lui e la creatura si salutarono quasi amichevolmente.

Altri, in seguito, cercarono però di correggerlo, ricostruendo la vera storia del Ritrovamento dell’Anello, gli indovinelli nell’Oscurità, e le molte maledizioni che Gollum gli gettò alle spalle, mentre si allontanava non visto dalle Galleria sotto le Montagne Nebbiose. Le stesse che, molte anni dopo, rivelò a Sauron quando fu catturato a Mordor, e che fecero scattare l’inseguimento degli Spettri dell’Anello e la loro venuta nella Contea diversi anni dopo.

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